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10 dicembre: giornata mondiale dei diritti umani

Il 10 dicembre si è celebrata la giornata mondiale dei diritti umani in occasione del 76esimo anniversario dall’adozione della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

A dispetto degli impegni internazionali, alcune gravi violazioni dei diritti umani sono ancora oggi una realtà, cui i modelli produttivi del mercato globale contribuiscono costantemente, alimentando povertà e discriminazioni. Tra queste, vi è sicuramente il lavoro forzato, che costituisce una delle violazioni più gravi dei diritti umani fondamentali ed è quindi vietato da tutte le convenzioni internazionali e regionali di tutela dei diritti umani.

I numeri del lavoro forzato. Il lavoro forzato, secondo la definizione della Convenzione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro n. 29 del 1930, consiste in un lavoro o servizio estorto ad un individuo sotto la minaccia di una punizione ovvero per il quale la persona non si sia offerta spontaneamente. È una fattispecie che conta ancora oggi numeri impressionanti: secondo le stime dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, 160 milioni di minori e oltre 27 milioni di persone nel mondo sono sottoposte a forme di lavoro forzato. Più dell’85% del lavoro forzato avviene nel settore privato, dove lo sfruttamento lavorativo riguarda oltre 17 milioni di individui. È quindi evidente che un cambio di rotta non può che coinvolgere in particolar modo le imprese, attori fondamentali di un cambiamento per la tutela dei diritti umani.

Un nuovo Regolamento UE. In considerazione del fatto che il mercato dell’Unione costituisce punto di approdo di prodotti provenienti da catene globali del valore che coinvolgono milioni di lavoratori in tutto il mondo, ed in risposta ad una crescente richiesta di prodotti socialmente sostenibili da parte di consumatori attenti alla giustizia e all’equità sociale, il 27 novembre 2024 il legislatore europeo ha definitivamente approvato il testo del Regolamento che prevede il divieto per gli operatori economici di immettere, mettere a disposizione sul mercato dell’Unione ed esportare prodotti ottenuti con il lavoro forzato.

Oggetto e destinatari del divieto. Il divieto di circolazione nel mercato dell’Unione, che si rivolge anche alle PMI e riguarda altresì le vendite online o a distanza, se l’offerta è destinata a utilizzatori finali nell’Unione, si applicherà ai prodotti per i quali si è fatto ricorso al lavoro forzato in qualsiasi fase della catena di approvvigionamento, inclusa la fabbricazione, la raccolta o l’estrazione e la trasformazione indipendentemente dal settore e dall’origine del prodotto.

Cosa cambierà quindi per gli operatori economici che lavorano in settori e con prodotti a rischio? Il Regolamento non prevede nuovi obblighi di due diligence, ma si pone in continuità e coerenza con quanto già previsto dalla Direttiva sul dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità; esso costituisce di fatto un incentivo per le imprese ad adottare efficaci processi di due diligence, al fine di attenuare, prevenire o far cessare i rischi di lavoro forzato ovvero di riparare ai casi effettivi di lavoro forzato, quantomeno con riguardo alla catena di attività upstream.

Controlli e sanzioni. L’adempimento e il controllo degli obblighi sanciti dal Regolamento sarà affidato ad autorità competenti designate dagli Stati membri. Le autorità potranno avviare indagini preliminari chiedendo agli operatori economici le informazioni in merito alle misure da essi adottate per individuare, prevenire, attenuare e far cessare i rischi di lavoro forzato nelle loro attività e nelle catene di approvvigionamento cui partecipano – anche basandosi sul diritto dell’Unione o nazionale in materia di dovere di diligenza e sugli strumenti elaborati dall’ONU, dall’OIL e dall’OCSE.

Qualora vi sia un fondato sospetto di violazione del divieto (seguendo un approccio basato sul rischio, anche a seguito di informazioni circa presunte violazioni del divieto ricevute da qualsiasi persona fisica o giuridica o associazione tramite il punto unico di presentazione delle informazioni), l’Autorità avvia un’indagine sui prodotti e sugli operatori economici interessati e può altresì condurre ispezioni. Qualora ritenga vi sia stata una violazione del divieto, l’Autorità può ordinare il ritiro dei prodotti da parte degli operatori (o dell’interfaccia online di vendita dei medesimi prodotti) o il trattenimento degli stessi. In caso di inottemperanza ad una decisione, gli operatori economici possono ricevere una sanzione pecuniaria, tenendo conto della gravità e della durata dell’inosservanza, l’esistenza di precedenti, il grado di cooperazione ed eventuali attenuanti o aggravanti, quali ad esempio l’esistenza di profitti derivanti dall’inosservanza della decisione.

[Fonte immagine: https://it.wikipedia.org/wiki/Dichiarazione_universale_dei_diritti_umani]

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