Tutela cautelare delle app: il punto del Tribunale di Milano tra software, banche dati e concorrenza parassitaria
Con ordinanza del 03/12/2019, emessa a seguito del ricorso depositato dalla società titolare di una delle app per pagamenti digitali più diffuse in Italia, il Tribunale di Milano (Sezione Specializzata in materia di Impresa) ha avuto modo di trattare numerosi profili connessi alla tutela giuridica delle applicazioni mobile.
La società ricorrente lamentava che l’app sviluppata da controparte (società leader nel mercato dei pagamenti) costituisse un’esatta replica sia per profili funzionali sia per profili commerciali, compiuta “attraverso l’indebita ripetizione del software, della banca dati e della c.d. user experience”. La resistente negava, invece, tale prospettazione, evidenziando l’autonomo sviluppo del software e l’assenza di illeciti.
A seguito di consulenza tecnica relativa all’architettura infrastrutturale del software, il Tribunale ha in primo luogo evidenziato le caratteristiche e le peculiarità delle applicazioni in conflitto, riconoscendo tutela autorale sia all’app della ricorrente (“costituisce una combinazione di funzionalità già singolarmente implementate in singole applicazioni, ma mai tutte insieme nello stesso prodotto” quali “il cashback […] il cashback network […] il budget settimanale”) sia alla relativa banca dati che la alimenta. Parallelamente, il Tribunale ha riconosciuto tutela autorale all’applicazione di controparte, senza ravvisare – però –alcun illecito autorale, “non essendovi riscontri del plagio, anche nella declinazione della interferenza derivata”.
In un secondo momento, il Giudice ha ricordato che “l’implementazione delle medesime funzioni – ove non derivi dal plagio del codice sorgente o della relativa banca dati – non può in sé ritenersi illecita. Si deve infatti presumere che l’operatore concorrente – senza avere accesso al codice sorgente del programma – abbia osservato e sperimentato tale programma per riprodurne le funzionalità”; del resto, “ammettere che la funzionalità di un programma per elaboratore possa essere tutelata equivarrebbe ad offrire la possibilità di monopolizzare le idee, a scapito del progresso tecnico e dello sviluppo industriale”. Pertanto, pur riconoscendo l’esistenza di 26 funzioni identiche (su 29 totali), non è stato ravvisato alcun illecito.
Il Tribunale ha invece riconosciuto l’illiceità della condotta della resistente sotto il versante della condotta parassitaria, ossia il comportamento sleale di un operatore che “riprende in modo continuo e sistematico le scelte del concorrente, ‘camminando’ sulle sue orme, così da avvantaggiarsi indebitamente sul mercato, accaparrandosi un vantaggio competitivo con l’acquisizione senza costi delle scelte compiute dall’operatore leale”.
In tal senso, è stato accertato che la resistente avesse (i) ripetuto il “servizio di budget settimanale” (sebbene non autonomamente tutelabile), (ii) ripreso letteralmente “intere parti del regolamento del servizio di cashback”, (iii) ripetuto “scelte terminologiche non necessitate, ed in particolare la denominazione commerciale della funzione di ‘cashback network’ inventata dalla ricorrente” e (iv) impiegato “slide del tutto analoghe a quelle della ricorrente nella presentazione della propria app”. Al contrario, sono state ritenute lecite (i) la ripetizione delle altre features (poiché entrate nella prassi e consuetudine del mercato), (ii) la struttura dell’offerta commerciale, (iii) la ripetizione di alcuni profili della user interface (molti dei quali risentono di una forte standardizzazione).
Alla luce dell’illecito concorrenziale, il Tribunale ha ritenuto congruo disporre l’inibitoria – limitatamente ai profili parassitari – con una particolare modulazione temporale finalizzata ad evitare possibili effetti distorsivi della concorrenza: poiché, a differenza del caso di violazione di privative industriali, la concorrenza parassitaria è illecita nella misura in cui siano posti in essere numerosi atti (leciti, singolarmente considerati; ma illeciti nel complesso) in un dato arco temporale, la misura interdittiva è stata limitata ad un anno decorrente dalla comunicazione dell’ordinanza cautelare.