Oltre l’obbligo di mascherina – Sull’ordinanza della Lombardia n. 521/2020
È singolare che l’attenzione dei media si sia soffermata molto sull’asserito “obbligo” di indossare le mascherine che sarebbe stato introdotto in Lombardia con l’ordinanza n. 521/2020.
A prescindere dalla valutazione sulla utilità o l’efficacia della misura, basterebbe leggere il testo del provvedimento per notare che non è previsto un vero “obbligo di indossare la mascherina”, ma solo quello di coprire naso e bocca se si esce di casa: se la mascherina non è disponibile, è possibile utilizzare “in subordine” qualsiasi altro indumento.
Per contro, nessuno ha invece evidenziato che l’ordinanza contiene misure ben più incisive e rilevanti in una materia, quella delle “attività produttive”, che invece è riservata espressamente allo Stato anche dopo il nuovo riparto di competenze stabilito dall’art. 3 del d.l. n. 19/2020 (che avrebbe dovuto risolvere i precedenti conflitti istituzionali, ma che evidentemente non ha raggiunto il suo scopo).
Invero, l’art. 3 del citato d.l. n. 19/2020 consente alle regioni di dettare disposizioni diverse da quelle nazionali, se più restrittive, ma solo in presenza di tre condizioni:
- l’esistenza di “specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario” verificatesi nel territorio regionale o in una parte di esso;
- che si verta in materie di competenza regionale;
- che le misure non riguardino attività produttive e di rilevanza strategica per l’economia nazionale.
Alcune delle misure restrittive introdotte dalla Lombardia sembrano invece riguardare proprio le attività produttive, in particolare con riferimento al punto 1.4 dell’ordinanza, che sospende o limita alcuni settori invece autorizzati ad operare dall’Allegato 1 del DPCM 22/3/2020, come modificato dal MISE con decreto del 25 marzo.
Si tratta, in particolare, delle attività professionali contrassegnate con i codici ATECO 69, 70, 71, 72 e 74, di alcune attività manutentive e commerciali (codici ATECO 95.11.00, 95.12.01, 95.12.09, 95.22.01) e delle attività ricettive.
Per tale parte, si è nuovamente in presenza di un conflitto di norme, che mette in difficoltà gli operatori economici, i quali avrebbero invece bisogno in questi frangenti di disposizioni chiare ed univoche. Essi infatti potrebbero proseguire l’attività in base alle disposizioni nazionali, ma la temporanea efficacia dell’ordinanza regionale li assoggetta al rischio di subire le sanzioni ivi previste, salvo poi contestarne la legittimità.
Sarebbe pertanto auspicabile ed urgente un nuovo intervento chiarificatore.