Contratti bancari – Continuità dei conti correnti, omessa sottoscrizione specifica della clausola anatocistica e null...
di Caterina Sola e Eugenio Cisa di Grésy
Il Tribunale ordinario di Pescara, pronunciando la sentenza n.142, pubblicata il 7.3.2020, ha avuto modo di trattare interessanti profili connessi ai contratti bancari a seguito di un’opposizione a decreto ingiuntivo proposto.
Con atto di citazione, l’attore ha presentato tempestivamente opposizione a decreto ingiuntivo in forza del quale il Tribunale aveva ingiunto di pagare determinate somme a titolo di saldo della morosità relativa all’apertura di un credito semplice rimborsabile a rate e all’apertura di un credito in conto corrente.
Una prima tematica di rilievo è ravvisata sulla questione della continuità o meno del conto corrente del 18.6.2003, estinto in data 27.3.2006 e subito riaperto nel marzo 2006.
Il Tribunale ha ricavato che la causa concreta delle operazioni svolte dalle parti è stata il confluimento sul nuovo conto delle passività maturate sul diverso conto e che nessun reale effetto estintivo si è verificato visto l’identità del soggetto creditore e la natura meramente contabile dei movimenti registrati, posto che la provvista è tratta dall’affidamento derivante dall’apertura di credito.
Ai fini della prescrizione eccepita dalla Banca per l’indebito chiesto in ripetizione dal correntista, il Tribunale ha riconosciuto la continuità dei due conti correnti affermando che: “Pacificamente, la giurisprudenza ha affermato l’unitarietà dei rapporti di conto corrente, ferma l’identità soggettiva dei contraenti, quando il saldo del vecchio conto corrente veniva “riportato”, attraverso un’operazione di giroconto, sul nuovo, ritenendo irrilevanti il dato formale di una nuova numerazione e la stipulazione di una nuova regolamentazione delle condizioni economiche, a tal proposito evidenziando, in fatto, come tale prassi adottata dagli istituti di credito ha il precipuo scopo di adeguare il rapporto negoziale alle sopravvenute prescrizioni dettate nella disciplina bancaria, e in diritto, che l’effetto estintivo dell’obbligazione che è proprio della novazione presuppone sempre che sia accertata la sussistenza dell’ animus novandi, che deve costituire lo specifico intento negoziale comune ai contraenti e che dev’essere provato in concreto. Ora è evidente che se l’istituto di credito invece di operare una mera annotazione – attiva sul conto più vecchio e passiva su quello nuovo – conceda al correntista un’apertura di credito il cui primo impiego sia finalizzato all’estinzione di due conti precedenti, l’effetto è il medesimo. Se si negasse nel caso di specie tale identità si consentirebbe alla banca di sottrarsi agli oneri probatori su di essa gravanti anche rispetto ai rapporti più datati, come nel caso di specie, consentendole di sottrarsi all’obbligo di produzione dei contratti e degli estratti conto relativi, pur essendo evidente che da quei conti proviene gran parte della passività del nuovo conto”.
Successivamente, la sentenza affronta la pretermessa sottoscrizione specifica della clausola anatocistica.
Il Giudice, richiamando la delibera del Cicr, pubblicata sulla G.U. n. 43 del 22.2.2000, statuisce che “…per i contratti stipulati dopo il 22.4.2000, come quelli presi in esame, la capitalizzazione degli interessi è consentita se rispetta le previsioni della delibera del Cicr, altrimenti la clausola è nulla e va esclusa la capitalizzazione (S.U. n.24418/2010; anche Cass.n.6550/2013)”.
Nel caso di specie, la clausola della capitalizzazione degli interessi non risulta specificamente approvata per iscritto dal correntista mediante sottoscrizione, pertanto, il Tribunale ne ha dichiarato l’inefficacia, alla stregua della sanzione prevista dal legislatore in tema di clausole vessatorie (artt.1341, 1342 c.c), affermando, in seguito, che nella ricostruzione del saldo sia doveroso eliminare qualsiasi forma di capitalizzazione fino alla eventuale nuova valida pattuizione.
Infine, un’ultima questione è ravvisata sulla nullità e indeterminatezza della c.m.s. (Commissione massimo scoperto).
Nel contratto di conto corrente del 2006 la c.m.s. risulta pattuita solo nella misura percentuale senza nessuna specificazione in ordine al suo meccanismo operativo (cioè se la c.m.s. è riferita al montante utilizzato o alla provvista accordata, ovvero se l’indicata percentuale debba riferirsi al momento ‘x’ di punta massima dello scoperto ovvero a un periodo più prolungato di ‘n gg’ di tale scoperto ovvero ancora alla media dello scoperto distribuito su più giorni, etc.), pertanto, il Giudice ne ha dichiarato la nullità in violazione degli artt. 1346, 1418 e 1419 c.c., “non essendo determinata nell’oggetto, pur dovendosi ritenere che anche in mancanza di essa, la Banca, nel cui interesse è stabilita la clausola contrattuale in parola, avrebbe comunque stipulato, sussistendo comunque gli interessi a remunerarla del credito concesso”.