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A breve entrerà in vigore lo Start up Act 2.0: un breve resoconto delle principali e possibili novità

Lo Start up Act 2.0 è la disciplina di aggiornamento dello Start up Act del 2012 (L. 221/2012). Esso è costituito da due testi, allo stato attuale entrambi allo stadio di disegni di legge. Si tratta, in particolare, del Disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza 2023 (“DDL Concorrenza”), approvato dal Consiglio dei Ministri n. 90 del 26 luglio 2024, e del DDL n. 816 recante “disposizioni per la promozione e lo sviluppo delle start-up e delle piccole e medie imprese innovative mediante agevolazioni fiscali e incentivi agli investimenti” (“DDL Centemero”), allo stato attuale approvato dalla Camera dei Deputati il 19 luglio 2023 e tutt’ora in esame al Senato. A mente della relazione illustrativa al DDL Concorrenza, i due testi costituiscono un intervento unico e coordinato.

Definizione di Start up: nuovi (e più stringenti) requisiti

Incisivo è, in particolare, il DDL Concorrenza. Esso propone modifiche alla definizione di start up innovativa, inserendo tra i requisiti che si tratti di una micro, piccola o media impresa (MPMI), come definita dalla raccomandazione 2003/361/CE. A tal fine prevede inoltre che, qualora il requisito osservato dall’impresa al fine della qualifica di start up sia la qualità di titolare o depositaria o licenziataria di una privativa industriale o altro diritto riconosciuto dalla norma come qualificante, tale privativa sia non più soltanto afferente all’oggetto sociale e all’attività di impresa, ma sia anche effettivamente utilizzata dall’impresa. Il DDL prevede inoltre che la start up, entro il secondo anno dall’iscrizione nella sezione speciale del Registro delle Imprese, disponga di un capitale sociale pari ad almeno 20.000 euro e impieghi almeno un dipendente. Il testo del DDL prevede inoltre che tale ultimo requisito sia imposto anche alle start up soggette alla normativa previgente, per le quali il termine di adeguamento di 24 mesi decorrerebbe dall’entrata in vigore della legge.

Definizione di Incubatore certificato: è sufficiente l’attività di supporto e accelerazione ai fini della qualifica

Il DLL Concorrenza interviene anche sulla definizione di incubatore certificato, il quale potrà qualificarsi come tale dimostrando di avere adeguata e comprovata esperienza nell’attività di supporto e accelerazione di start up innovative. Non sarà cioè più necessario che tale ente incubi e ospiti la start up: sarà sufficiente che si occupi della sua “costituzione o incubazione o accelerazione”. Tuttavia, gli incubatori certificati che svolgono (mera) attività di supporto e accelerazione di start up dovranno iscriversi in una sezione speciale del registro delle imprese diversa da quella predisposta per gli incubatori – tradizionali – che si occupano dell’attività di incubazione e sviluppo. Gli incubatori iscritti nella menzionata sezione, infatti, saranno esclusi dall’applicazione di alcune disposizioni agevolative valevoli solo per gli incubatori di stampo tradizionale. Si tratta, in particolare, della riduzione di oneri di avvio (imposta di bollo e diritti di segreteria relativi all’iscrizione, diritto annuale alla camera di commercio) e della disciplina relativa alla remunerazione degli amministratori, dipendenti o collaboratori dell’incubatore certificato con strumenti finanziari dello stesso (che prevede che tale reddito da lavoro non concorra alla formazione del reddito imponibile).

Contributo sotto forma di credito d’imposta in favore di tutti gli incubatori certificati

Il DDL Concorrenza prevede che agli incubatori certificati venga concesso, nel limite di spesa complessivo di 1.8 milioni di euro annui a decorrere dal periodo d’imposta 2025, un contributo sotto forma di credito d’imposta pari all’8 per cento della somma investita nel capitale sociale di una o più start up innovative direttamente od anche per il tramite di organismi di investimento collettivo del risparmio o di altre società che investano prevalentemente in start up innovative. In ogni caso l’investimento massimo sul quale calcolare il credito d’imposta non potrà eccedere i 500.000 euro e dovrà essere mantenuto per tre anni, perdita la decadenza dal beneficio e il recupero dello stesso. La concessione di tali contributi avverrebbe nei limiti previsti dal regolamento (UE) n. 2831/2023 relativo ai c.d. “aiuti de minimis”.

Disposizioni a favore degli investitori istituzionali e privati di start up innovative (e di fondi di venture capital)

Al fine di favorire i fondi di venture capital, il DDL Concorrenza prevede che gli enti di previdenza obbligatoria e le forme di previdenza complementari possano continuare, ai sensi dell’art. 1, commi 88 e 92, della L. 232/2016, a destinare il 10 per cento dell’attivo patrimoniale risultante dal rendiconto dell’esercizio precedente solamente in quote o azioni di fondi per il venture capital, mentre, per i restanti investimenti richiamati dalla citata norma, possano destinare soltanto l’8 per cento di tale attivo. Il risultato è che qualora tali enti volessero raggiungere il tetto del 10% di investimenti, il 2% sarà necessariamente destinato a fondi di venture capital. Al medesimo fine, il citato DDL prevede anche che sia aggiunta l’ulteriore ipotesi di ingresso e soggiorno per gli investitori stranieri (art. 26-bis, L. 286/1998) qualora effettuino investimenti di almeno 500.000 euro in fondi di venture capital.

A completamento di tale quadro, il DDL Centemero prevede che, per gli investimenti effettuati in start up innovative e in PMI innovative (salvo modifiche in sede di approvazione, a partire dal 1 gennaio 2024), in caso di incapienza da parte dei soggetti investitori, purché persone fisiche, qualora la detrazione spettante sia di ammontare superiore all’imposta lorda (IRPEF), sia riconosciuto un credito d’imposta di ammontare pari all’eccedenza, utilizzabile in diminuzione delle imposte dovute o in compensazione e fruibile anche nei periodi d’imposta successivi. Lo stesso DDL modifica in più punti il Decreto Sostegni-bis  (D.l. 73/2021), in particolare in punto di tassazione del capital gain che riguardi le start up innovative (art. 14, d.l. 73/2021). Giova evidenziare che introduce requisiti sul possesso delle partecipazioni le cui plusvalenze non sono soggette a imposizione e prevede che i redditi di capitale indicati all’art. 44, comma 1, lett. g) TUIR percepiti dalle persone fisiche e derivanti da partecipazioni a organismi di investimento collettivo del risparmio che investono prevalentemente nel capitale sociale di una o più imprese start-up innovative o di una o più piccole e medie imprese innovative siano esenti dalle imposte sui redditi e che a tal fine le quote o azioni degli organismi di investimento collettivo del risparmio debbano essere acquisite entro il 31 dicembre 2025 e detenute per almeno tre anni.

La prospettiva di un mutamento normativo così delineato è stata accolta con distacco dagli operatori dell’“ecosistema start up”, i quali auspicano previsioni più incisive.

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