Abbandono del tetto coniugale: nessun addebito se la convivenza era già intollerabile
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12241/2020, si è nuovamente pronunciata in merito all’addebito della separazione, in particolare nel caso di abbandono della casa coniugale da parte di un coniuge.
Se l’abbandono della casa familiare avviene in un momento in cui la prosecuzione della convivenza è già divenuta intollerabile a causa del comportamento di entrambi i coniugi, l’allontanamento di uno dei due non può essere considerato motivo di addebito.
Nel caso di specie, moglie e marito, dopo essersi sposati nel 1998, si erano separati di fatto dal 2004-2005 ed era mancata tra di loro la costruzione di un rapporto ‘fatto di affezione, progettualità di coppia e condivisone’. Per questa ragione, la Corte d’Appello aveva ritenuto di non addebitare la separazione alla moglie, essendo imputabile ad entrambi i coniugi la causa del fallimento della convivenza e non solo alla moglie che aveva lasciato la casa.
La Corte di legittimità ha già più volte ribadito che: ‘il volontario abbandono del domicilio coniugale è causa di per sé sufficiente di addebito della separazione, in quanto porta all’impossibilità della convivenza, salvo che si provi – e l’onere incombe a chi ha posto in essere l’abbandono – che esso è stato determinato dal comportamento dell’altro coniuge, ovvero quando il suddetto abbandono sia intervenuto nel momento in cui l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza si sia già verificata, ed in conseguenza di tale fatto’. (Cass. 10719/2013; Cass. 25663/2014.