TMT | Affollamento pubblicitario e autopromozione: la Corte di giustizia UE chiamata a chiarirne i limiti
Gli spot pubblicitari riguardanti una stazione radiofonica, anche se appartenente allo stesso gruppo radiotelevisivo, non sono autopromozione e, come tali, non possono essere esclusi dai limiti di affollamento pubblicitario.
A chiarirlo è la Corte di giustizia europea, chiamata recentemente a pronunciarsi in un procedimento promosso da RTI rispetto alla violazione contestata nei suoi confronti dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) nel 2017 (sentenza C-255/21). Secondo AGCOM, la nota proprietaria dei canali televisivi Canale 5, Italia 1 e Rete 4, RTI, aveva superato i limiti fissati dalla normativa nazionale su base giornaliera e oraria in tema di affollamento pubblicitario, poiché, ai fini del calcolo, aveva preso in considerazione anche gli annunci promozionali dell’emittente radiofonica R101 effettuati sui predetti canali televisivi.
RTI aveva presentato ricorso al TAR, argomentando che gli spot pubblicitari di R101 non dovessero considerarsi ai fini del calcolo, in quanto l’emittente radiofonica appartiene allo stesso gruppo societario e quindi tali spot dovevano, a parere di RTI, qualificarsi come “autopromozione” (ovvero “annunci relativi ai propri programmi”) e, come tali, non rientrare nel calcolo dei limiti di affollamento.
Dopo aver visto respinte le proprie tesi in primo grado davanti al TAR, RTI aveva fatto ricorso al Consiglio di Stato, il quale aveva poi operato un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, al fine di ottenere un’interpretazione conforme della normativa nazionale che regola l’affollamento pubblicitario (l’allora vigente Testo unico sui servizi radiotelevisivi di cui al D. lgs. n. 177/2005), che aveva recepito la Direttiva 2010/13.
Sono principalmente due gli argomenti utilizzati dalla Corte di giustizia, volti a respingere ancora una volta le tesi di RTI:
- La nozione di programma contenuta nella definizione di autopromozione (esclusa dal calcolo dei limiti di affollamento pubblicitario) non si estende fino a ricomprendere anche i servizi radiofonici, che consistono in trasmissioni o programmi di contenuto sonoro e quindi senza immagini (mentre il “programma” come definito dalla normativa, riguarda una serie di immagini animate, sonore o non). Oltretutto, rileva la Corte, una tale interpretazione estensiva potrebbe anche portare a distorsioni della concorrenza a discapito degli operatori del mercato dei servizi di media radiofonici che non sono integrati all’interno di gruppi di radiodiffusione;
- Il richiamo ai “propri programmi” contenuto nella definizione di autopromozione non va inteso sulla base dei legami giuridici e organizzativi delle imprese, titolari dei diversi programmi, tali da ricondursi alla stessa entità economica, bensì sotto il profilo della responsabilità editoriale dei programmi in questione. Tale responsabilità si concretizza in un controllo effettivo sia sulla selezione dei programmi sia sulla loro organizzazione con il potere dunque di stabilire, in via definitiva, l’offerta audiovisiva. Non avendo RTI assunto la responsabilità editoriale anche della stazione radiofonica, gli spot della radio dovevano essere pertanto conteggiati nei limiti dell’affollamento pubblicitario dell’emittente. Quest’interpretazione è, a parere della Corte, avallata anche dall’obiettivo perseguito da questa specifica normativa, che non è quello di tutela della concorrenza né dei principi di trasparenza applicabili agli appalti pubblici, bensì quello di tutelare i telespettatori, in quanto consumatori, contro una pubblicità eccessiva.
Per leggere la sentenza integrale, clicca qui.