Assegno di divorzio: la pronuncia delle Sezioni Unite
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18287 del 11.7.2018, si pronuncia sulla funzione dell’assegno di divorzio e sui criteri che ne determinano la corresponsione.
La Suprema Corte ripercorre l’evoluzione legislativa dell’art. 5, comma VI, l. divorzio e le interpretazioni fornite a più riprese dalla dottrina e dalla giurisprudenza, soffermandosi in particolare su due importanti sentenze, le Sezioni Unite n. 11490 del 1990 e la recente sentenza della Sezione Prima n. 11504 del 2017.
Cruciale è sempre stata l’interpretazione del dato testuale che prevede l’obbligo di corresponsione dell’assegno di divorzio al coniuge ‘debole’ quando quest’ultimo non ha ‘mezzi adeguati’, senza che fosse chiaro a cosa rapportare tale adeguatezza.
A seguito della sentenza del 1990, l’adeguatezza dei mezzi del coniuge veniva parametrata al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.
Con la sentenza del 2017, il riferimento al tenore di vita era stato radicalmente eliminato per lasciare spazio allo sterile criterio della ‘autosufficienza economica’ del coniuge richiedente.
E’ forte la critica delle Sezioni Unite alla sentenza 11504/2017 che, se da un lato coglie l’inattualità del criterio del ‘tenore di vita’ rispetto ad un mutato quadro sociale, dall’altro svilisce il valore della dignità personale, limitandosi ad un esame oggettivo della condizione dei coniugi al momento dello scioglimento del vincolo, in modo scollegato dalla relazione matrimoniale.
Al contrario, deve essere tenuto in considerazione che i principi di autodeterminazione ed autoresponsabilità che hanno portato alla scelta di unirsi in matrimonio e che portano alla scelta di scioglimento del vincolo, hanno anche determinato i coniugi ad assumere un certo modello di relazione coniugale, definendo i ruoli endofamiliari di ciascun coniuge e il contributo di ciascuno all’attuazione dei diritti e dei doveri di cui all’art. 143 c.c.
Il principio di autoresponsabilità non può, quindi, essere escluso dall’accertamento del diritto a ricevere l’assegno di divorzio.
Pertanto, per stabilire se il richiedente abbia diritto all’assegno divorzile, la valutazione dell’adeguatezza dei mezzi dovrà avere quale fondamento la comparazione delle situazioni economico-patrimoniali dei coniugi.
Questa valutazione dovrà essere condotta in modo vincolato alle cause che hanno prodotto la disparità, con riferimento ai criteri indicati dalla prima parte del comma VI, art. 5, l. divorzio.
Non è sufficiente che esista, in astratto, un grado di autonomia economica del coniuge tale da garantirne l’autosufficienza, ma deve sussistere, in concreto, un livello reddituale adeguato al contributo che il richiedente l’assegno ha fornito alla realizzazione della vita familiare.
Bisognerà rilevare se l’eventuale disparità economica esistente al momento del divorzio sia, quindi, dipendente dalle scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio. “Ove la disparità abbia questa radice causale e sia accertato che lo squilibrio economico patrimoniale conseguente al divorzio derivi dal sacrificio di aspettative professionali e reddituali fondate sull’assunzione di un ruolo consumato esclusivamente o prevalentemente all’interno della famiglia e dal conseguente contributo fattivo alla formazione del patrimonio comune e a quello dell’altro coniuge, occorre tenere conto di questa caratteristica della vita familiare nella valutazione dell’inadeguatezza dei mezzi e dell’incapacità del coniuge richiedente di procurarseli per ragioni oggettive.”
L’assegno di divorzio assume, quindi, una funzione assistenziale, compensativa e perequativa e sarà condizionato anche dalla durata del matrimonio e dall’età dell’avente diritto.