Blockchain e smart contract: le definizioni del D.L. Semplificazioni
Dopo lo stralcio della norma dello scorso dicembre, la legge di conversione del D.L. Semplificazioni (D.L. 135/2018) ha introdotto, all’art. 8-ter, la definizione di “tecnologie basate su registri distribuiti” (“le tecnologie e i protocolli informatici che usano un registro condiviso, distribuito, replicabile, accessibile simultaneamente, architetturalmente decentralizzato su basi crittografiche, tali da consentire la registrazione, la convalida, l’aggiornamento e l’archiviazione di dati sia in chiaro che ulteriormente protetti da crittografia verificabili da ciascun partecipante, non alterabili e non modificabili”) e “smart contract” (“un programma per elaboratore che opera su tecnologie basate su registri distribuiti e la cui esecuzione vincola automaticamente due o più parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse. Gli smart contract soddisfano il requisito della forma scritta previa identificazione informatica delle parti interessate, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’Agenzia per l’Italia digitale con linee guida da adottare entro novanta giorni”).
In attesa dell’individuazione degli standard tecnici da parte dell’Agid – al ricorrere dei quali “la memorizzazione di un documento informatico attraverso l’uso di tecnologie basate su registri distribuiti [produrrà] gli effetti giuridici della validazione temporale elettronica di cui all’articolo 41” del Regolamento eIDAS, sono già emersi alcuni dubbi su questa recentissima innovazione normativa.
In primo luogo, la definizione è stata coniata prima del termine dei lavori del tavolo di esperti nominati dal Ministero dello Sviluppo Economico, con uno scarso coordinamento tra le istituzioni – nazionali ed europee – che stanno approfondendo il tema.
Inoltre, quanto alle tecnologie basate su registri distribuiti (DLT), non è noto cosa si debba intendere con “registro architetturalmente decentralizzato” ed emerge, già ad una prima lettura, la chiara incongruenza tra la possibilità di aggiornare i dati e l’obbligo di inalterabilità e immodificabilità degli stessi. Peraltro, i dati presenti sulle DLT attualmente esistenti sono astrattamente modificabili, sebbene con difficoltà, quindi la norma rischierebbe un’inapplicabilità di principio.
Quanto agli smart contract, oltre ad un richiamo impreciso alla norma del Regolamento eIDAS, le caratteristiche che consentono di attribuire l’efficacia di forma scritta sono demandate ad un’autorità amministrativa e non legislativa, senza considerare – peraltro – che ci si trova di fronte ad un software e non ad un vero e proprio strumento contrattuale.
Ad ogni modo, lo sforzo del legislatore ha l’indubbio pregio di avviare una forma di regolamentazione che potrebbe favorire lo sviluppo delle DLT e degli smart contract, per quanto la mancanza di un approccio globale al tema rischia di lasciare il lavoro incompiuto.