Cambia il regime di procedibilità del reato di corruzione tra privati
Il 16 gennaio 2019 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la c.d. Legge Anticorruzione (L. 9 gennaio 2019, n. 3) la cui entrata in vigore è fissata per il 31 gennaio prossimo. Tra le molte novità significative, si segnala l’abrogazione (ad opera dell’art. 1 co. 5 L. 3/2019) del comma 5 dell’art. 2635 c.c., disciplinante il reato di Corruzione tra Privati, il quale prevedeva “Si procede a querela della persona offesa, salvo che dal fatto derivi una distorsione della concorrenza nella acquisizione di beni o servizi”.
Parallelamente, è stato abrogato il comma 3 dell’art. 2635 bis c.c. (“Istigazione alla corruzione tra privati”) che stabiliva “Si procede a querela della persona offesa”. La riforma introduce quindi il regime indiscriminato della procedibilità d’ufficio per tutte le ipotesi di corruzione e di istigazione alla corruzione tra privati, indipendentemente (per quanto riguarda il solo reato di cui all’art. 2635 c.c.) dall’accertamento della intervenuta “distorsione alla concorrenza”. Tale ultima disposizione era stata introdotta con la L. 190/2012 (c.d. “Legge Severino”) allo scopo di dare una parziale attuazione alla Decisione Quadro 2003/568/GAI ma, stante l’indeterminatezza del concetto di distorsione alla concorrenza, ne era sin da subito stata messa in dubbio la concreta applicabilità. Il nuovo regime di procedibilità d’ufficio sembra dunque ubbidire alle direttive sovranazionali che impongono agli Stati di adottare tutte le misure per combattere la corruzione tra privati, percepita come un grave strumento di alterazione della concorrenza. La modifica in parola accentua lo spostamento (già in parte avviato dalla Legge Severino con l’introduzione della citata deroga al regime della procedibilità a querela di parte) dell’oggetto della tutela penale -in origine, di natura marcatamente privatistica- verso interessi di carattere pubblicistico.