CRISI D’IMPRESA: PIÙ SEMPLICE IL TRATTAMENTO DEI CREDITI TRIBUTARI E CONTRIBUTIVI E L’ITER DI OMOLOGA DEL CONCORDAT...
Con la legge n. 159/2020 – pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 3/12/2020 – è stato convertito in legge il dl 125/2020. In virtù di tale pubblicazione sono ormai vigenti, a far data dal 4 dicembre 2020, le modifiche agli artt. 180 (“Giudizio di omologazione”), 182 bis (“Accordi di ristrutturazione dei debiti”) e 182 ter (“Trattamento dei crediti tributari e contributivi”) della legge fallimentare. Si tratta di modifiche aventi ad oggetto il trattamento dei crediti tributari e contributivi nell’ambito del concordato preventivo e dell’accordo di ristrutturazione dei debiti. La nuova normativa, lo si anticipa subito, rende molto più agevole lo stralcio dei debiti di una società in crisi verso il fisco e gli enti previdenziali e facilità significativamente l’iter di approvazione sia del concordato preventivo, sia dell’accordo di ristrutturazione dei debiti.
In dettaglio, all’art. 180 della legge fallimentare (che disciplina il procedimento di omologazione del concordato preventivo) è stato aggiunto – al quarto comma – il seguente periodo: “Il tribunale omologa il concordato preventivo anche in mancanza di voto da parte dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l’adesione è determinante ai fini del raggiungimento delle maggioranze di cui all’articolo 177 e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista di cui all’articolo 161, terzo comma, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria”. In sostanza, ed in sintesi, il concordato preventivo può adesso essere omologato anche senza il voto dell’amministrazione finanziaria o degli enti previdenziali o di assistenza obbligatoria. Si tratta di una novità, all’evidenza, importante: fino a ieri, infatti, la società che presentava il concordato preventivo doveva anzitutto proporre, in seno alla propria domanda di concordato, al fisco ed ai suddetti enti, il trattamento che intendeva riservare ai crediti fiscali, previdenziali e contributivi; e, per la parte dei medesimi crediti degradati al chirografo, doveva necessariamente ottenere il voto favorevole del fisco e degli enti previdenziali e contributivi tutte le volte in cui il peso dei predetti crediti fosse indispensabile per l’approvazione del concordato (approvazione che si ottiene, come noto, con la maggioranza dei crediti ammessi al voto).
Oggi con la nuova normativa, invece, il concordato preventivo può essere omologato anche senza il voto dell’amministrazione finanziaria o degli enti previdenziali o di assistenza obbligatoria, anche quando il medesimo voto è necessario per raggiungere la maggioranza per l’approvazione del concordato stesso.
L’unica condizione che il legislatore ha posto è data dal fatto che, “anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista di cui all’art. 161, comma 3, legge fallimentare” (il cosiddetto “Attestatore”) la proposta sia più conveniente per fisco o enti rispetto all’alternativa liquidatoria fallimentare.
Mutatis mutandis all’art. 182-bis della legge fallimentare (che come noto disciplina gli accordi di ristrutturazione dei debiti) è stato aggiunto il seguente periodo: “Il tribunale omologa l’accordo anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l’adesione è decisiva ai fini del raggiungimento della percentuale di cui al primo comma e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista di cui al medesimo comma, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria”. La disciplina, come è dato leggere, è sostanzialmente analoga a quella del concordato preventivo e consente alla società debitrice di computare – ai fini dell’approvazione del proprio accordo di ristrutturazione dei debiti (approvazione che richiede, in tal caso, il benestare di almeno il 60% dei crediti) – anche l’adesione del fisco o degli enti di previdenza e di assistenza, pur in assenza della stessa adesione. Anche in tal caso l’unica condizione è data dalla circostanza che l’Attestatore del piano confermi che il soddisfacimento offerto ai crediti fiscali, previdenziali e contributivi sia più conveniente rispetto all’alternativa fallimentare.
Di fatto, a ben vedere, si tratta della possibilità di estendere, forzatamente, l’omologazione, sia del concordato preventivo, sia dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, anche ai creditori –fisco ed enti di previdenza e di assistenza– che siano, in ipotesi, non aderenti; allorquando la loro adesione sia indispensabile per il raggiungimento delle maggioranze di legge ed a condizione, a ben vedere, che la loro mancata adesione sia però ingiustificata ed irrazionale avuto riguardo all’interesse del fisco e dei medesimi enti ad ottenere la migliore soddisfazione possibile dei loro crediti. Sotto questo profilo va da sé che la costruzione del piano da parte della società debitrice e le verifiche dell’Attestatore dovranno essere svolte con particolare cura ed attenzione.
Per completezza di disamina si chiosa rammentando che il legislatore – in modo conseguente a quanto sin qui illustrato – ha anche apportato una piccola modifica (come peraltro si anticipava nell’incipit di queste brevi note) pure all’art. 182-ter della legge fallimentare (quello che disciplina specificamente il trattamento dei debiti tributari e contributivi), aggiungendo che il debito chirografario, tributario o contributivo, di cui la società in crisi può proporre un determinato trattamento all’interno del proprio piano, è anche quello che è divenuto chirografario a seguito di degrado per incapienza.
In conclusione la nuova normativa rende più agevole lo stralcio dei debiti di una società in crisi verso il fisco e gli enti previdenziali e facilità significativamente l’iter di approvazione sia del concordato preventivo, sia dell’accordo di ristrutturazione dei debiti.