Decreto Rilancio: nuove ipotesi di reato per chi ottiene indebitamente l’erogazione del contributo a fondo perduto
Il D.L. n. 34 del 2020 (c.d. “Decreto Rilancio”) va ad incidere anche nel campo del diritto penale. In particolare, oltre a colmare un’inspiegabile lacuna relativa alla sospensione dei termini per proporre querela (cfr. art. 221), vengono introdotti, tra le altre cose, nuovi presidi di tutela penale volti a reprimere le indebite percezioni di erogazioni e sussidi pubblici, ossia il c.d. contributo a fondo perduto previsto dall’art. 25 del decreto.
Tale ultima disposizione, prevede la possibilità, per i soggetti esercenti attività di impresa e di lavoro autonomo e di reddito agrario, titolari di partita IVA, di ottenere un contributo a fondo perduto (non inferiore a euro 1.000 per le persone fisiche né a euro 2.000 per i soggetti diversi dalle persone fisiche) al sussistere di determinati requisiti. Tra questi requisiti, il primo riguarda l’ammontare del fatturato conseguito nel mese di aprile 2020, che deve essere inferiore ai due terzi dell’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile del 2019.
Al fine di ottenere l’erogazione, l’interessato deve presentare apposita istanza all’Agenzia delle Entrate nella quale dichiara il possesso di tutti i requisiti, allegando altresì un’autocertificazione di regolarità antimafia nella quale si attesta l’insussistenza delle condizioni ostative previste dall’art. 67 del c.d. Codice Antimafia (D.Lgs. 159/2011), ossia di non essere sottoposto a misure di prevenzione o a procedimento di prevenzione.
Ebbene, colui che ha rilasciato l’autocertificazione di regolarità antimafia poi risultata non veritiera è punito con la pena della reclusione da 2 a 6 anni. Inoltre, in caso di avvenuta erogazione del contributo, è prevista l’applicazione della confisca anche per equivalente ai sensi dell’art. 322 ter c.p.
Anche a prescindere dall’eventuale falsificazione del certificato di regolarità antimafia, nei casi di percezione del contributo in tutto o in parte non spettante, ai sensi dell’art. 25 co. 14 del Decreto Rilancio si applicherà l’articolo 316-ter c.p., norma che, in generale, punisce l’“indebita percezione di erogazioni in danno dello Stato” con la reclusione da 6 mesi a 3 anni se la somma indebitamente percepita è superiore a euro 3.999,96 (al di sotto di tale limite è invece prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da euro 5.164 a euro 25.822).
Si segnala, infine, all’art. 103 del D.L. Rilancio, l’introduzione di nuove ipotesi di reato di falso e di aggravamento della pena per il delitto di caporalato (art. 603 bis c.p.) in relazione alla emersione di rapporti di lavoro irregolari e alla regolarizzazione dei lavoratori stranieri.