Depenalizzazione degli obblighi antiriciclaggio: si passa all’illecito amministrativo, ma le sanzioni aumentano fino a...
Il 6 febbraio 2016 entrano in vigore le nuove norme in tema di depenalizzazione dei reati, di cui ai decreti nn. 7 e 8 dello scorso 15 gennaio 2016. Il d.lgs. n. 8/2016, in particolare, depenalizza i reati puniti con la sola pena pecuniaria (multa o ammenda), a eccezione di quelli previsti dal codice penale e di quelli elencati nell’allegato al decreto stesso.
In tale allegato non compare la normativa antiriciclaggio di cui al d.lgs. 231/2007; di conseguenza, alcune delle fattispecie di reato previste dall’art. 55, d.lgs. 231/2007 verranno da ora punite solamente in via amministrativa.
Innanzitutto, si tratta delle condotte di chi (intermediari, professionisti, revisori) viola le disposizioni contenute nel Titolo II, Capo I, d.lgs. 231/2007 concernenti l’obbligo di identificazione (art. 55, comma 1). Obbligo che, per i professionisti indicati all’art. 12, d.lgs. 231/2007, scatta:
- quando la prestazione professionale ha per oggetto mezzi di pagamento, beni o utilità di valore pari o superiore a 15 mila euro (art. 16, comma 1, lett. a), d.lgs. 231/2007);
- quando eseguono prestazioni professionali occasionali che comportano la trasmissione o la movimentazione di mezzi di pagamento di importo pari o superiore a 15 mila euro (art. 16, comma 1, lett. b);
- tutte le volte che l’operazione è di valore indeterminato o non determinabile (art. 16, comma 1, lett. c);
- quando vi è sospetto di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, indipendentemente da qualsiasi deroga, esenzione o soglia applicabile (art. 16, comma 1, lett. d);
- quando vi sono dubbi sulla veridicità o sull’adeguatezza dei dati precedentemente ottenuti ai fini dell’identificazione di un cliente (art. 16, comma 1, lett. e).
Prima dell’entrata in vigore del decreto 8/2016, per le violazioni in tema di identificazione della clientela era prevista la pena della multa da € 2.600 a € 13.000; ora, la sanzione amministrativa pecuniaria stabilita dal legislatore risulta più rilevante dal punto di vista economico, e compresa tra € 5.000 e € 30.000.
La seconda condotta depenalizzata è quella di chi omette di adempiere agli obblighi di registrazione della documentazione che è servita per la verifica e l’identificazione della clientela, di cui all’articolo 36, d.lgs. 231/2007, ovvero la effettua in modo tardivo o incompleto (art. 55, comma 4). Obblighi che impongono, almeno ai professionisti, l’istituzione di un archivio digitale dentro il quale collocare i dati su cliente e operazione, entro 30 giorni dall’accettazione dell’incarico. La violazione di tali obblighi era punita, come per la mancata identificazione, con la multa da € 2.600 a € 13.000, mentre ora è prevista, nuovamente, una sanzione amministrativa pecuniaria compresa tra € 5.000 e € 30.000.
La terza condotta divenuta di sola rilevanza amministrativa è quella relativa all’adempimento degli obblighi di identificazione e registrazione mediante l’utilizzo di mezzi fraudolenti, idonei a ostacolare l’individuazione del soggetto che ha effettuato l’operazione (art. 55, comma 6), condotta punita in precedenza con la multa da € 5.200 a € 26.000, mentre ora la sanzione amministrativa pecuniaria è stata elevata a una cifra che può variare tra € 10.000 e € 50.000.
La quarta e ultima condotta della normativa antiriciclaggio passata dal penale all’amministrativo è quella relativa all’omessa, tardiva o incompleta comunicazione prevista dall’articolo 36, comma 4, da parte dei soggetti di cui all’articolo 11, commi 1, lettera h), e 3, lettere c) e d), d.lgs. 231/2007 e cioè: gli agenti di cambio; i mediatori creditizi iscritti nell’elenco previsto dall’articolo 128-sexies, comma 2, Testo Unico Bancario (TUB); gli agenti in attività finanziaria iscritti nell’elenco previsto dall’articolo 128-quater, comma 2, TUB; gli agenti indicati nell’articolo 128-quater, commi 6 e 7, TUB. Per essi, mentre in precedenza si prevedeva la multa da € 2.600 a € 13.000, ora si prevede l’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria compresa tra € 5.000 e € 30.000.
Nella depenalizzazione non possono considerarsi ricomprese le altre fattispecie di reato previste all’articolo 55, d.lgs. 231/2007, per la cui punizione, qualora accertate, rimarrà sempre competente l’Autorità giudiziaria penale. In particolare, si tratta delle seguenti condotte, punite con la pena della reclusione/arresto in alternativa alla pena della multa/ammenda:
- 55, comma 2, che punisce con la reclusione da sei mesi a un anno e con la multa da € 500 a € 5.000 l’esecutore dell’operazione che omette di indicare le generalità del soggetto per conto del quale eventualmente esegue l’operazione o le indica false;
- 55, comma 3, che punisce con l’arresto da sei mesi a tre anni e con l’ammenda da € 5.000 a € 50.000 l’esecutore dell’operazione che non fornisce informazioni sullo scopo e sulla natura prevista dal rapporto continuativo o dalla prestazione professionale o le fornisce false;
- 55, comma 5, che punisce con la reclusione fino a un anno e con la multa da € 100 a € 1.000 chi, essendovi tenuto, omette di effettuare la comunicazione di cui all’articolo 52, comma 2;
- 55, comma 8, che punisce con l’arresto da sei mesi a un anno o con l’ammenda da € 5.000 a € 50.000 chi, essendovi tenuto, viola i divieti di comunicazione di cui agli articoli 46, comma 1, e 48, comma 4;
- 55, comma 9, che punisce con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da € 310 a € 1.550 l’indebito utilizzo, l’alterazione o la falsificazione di carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi.
La disciplina della depenalizzazione si applica anche retroattivamente (art. 8, d.lgs. n. 8/2016) per quei professionisti, revisori contabili e intermediari che abbiano già conseguito denunce all’Autorità giudiziaria a seguito di verifiche di inadempienza da parte della Guardia di Finanza.
Tuttavia, l’efficacia retroattiva della depenalizzazione si atteggia diversamente, a seconda che alla data di entrata in vigore della nuova normativa sia già in corso, o meno, un procedimento penale. In particolare:
- Se il procedimento penale si è concluso con sentenza di condanna o decreto penale divenuti irrevocabili prima del 6 febbraio 2016, il giudice dell’esecuzione, senza formalità, con ordinanza comunicata al pubblico ministero e notificata all’interessato (opponibile ex art. 666 c.p.p.) revoca la sentenza o il decreto, dichiarando che il fatto non è previsto dalla legge come reato (art. 8, comma 2);
- Se, invece, il procedimento penale è ancora in corso, si prevede (art. 9, comma 1, d.lgs. 8/2016) che il Pubblico Ministero trasferisca, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, all’autorità amministrativa competente (da intendersi, per la materia qui di interesse, l’Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia – UIF) gli atti dei procedimenti penali relativi ai reati trasformati in illeciti amministrativi, salvo che il reato risulti prescritto o estinto per altra causa;
- In questo caso, se il PM non ha ancora esercitato l’azione penale, lo stesso annota la trasmissione nel registro delle notizie di reato (art. 9, comma 2), ma se il reato risulta estinto per qualsiasi causa, il PM deve richiedere l’archiviazione a norma del codice di procedura penale (art. 9, comma 2);
- Se, invece, l’azione penale è stata esercitata, il giudice pronuncia sentenza inappellabile perché il fatto non è previsto dalla legge come reato (art. 9, comma 3);
- Se, infine, è stata pronunciata sentenza di condanna e vi è stata impugnazione, il giudice dell’impugnazione dichiara che il fatto non è previsto dalla legge come reato e, al contempo, decide in merito ai soli effetti civili (art. 9, comma 3).
Per le violazioni relative al periodo in cui costituivano ancora reato penale, esiste la possibilità per il professionista di mediare con l’Autorità Amministrativa competente, concordando un pagamento ridotto a saldo dell’ammenda prevista. La legge, in proposito, prevede che, in ogni caso, per i fatti commessi prima dell’entrata in vigore del decreto, la sanzione amministrativa non potrà essere superiore al massimo della pena originariamente inflitta per il reato (art. 8, comma 4, d.lgs. 8/2016); in ogni caso, entro 60 giorni dalla notificazione degli estremi della violazione, si prevede che l’interessato sia ammesso al pagamento in misura ridotta, pari alla metà della sanzione, oltre alle spese del procedimento (art. 9, comma 5, d.lgs. 8/2016).
Si consideri, infine, che nel procedimento di applicazione delle sanzioni amministrative previste dal d.lgs. 8/2016 dovranno applicarsi, in quanto compatibili, le norme contenute nelle sezioni I e II del capo I della L. 1981/689.
A livello sanzionatorio, ciò comporta che, nel caso di più azioni poste in essere violando le disposizioni dell’art. 55, d.lgs. 231/2007 oggi divenute illeciti di natura amministrativa, la sanzione applicabile non sarà più quella della pena prevista per la violazione più grave aumentata fino al triplo; al contrario, il giudice amministrativo dovrà irrogare una sanzione pecuniaria pari alla somma delle singole sanzioni irrogabili per ciascuna violazione commessa (si veda, in proposito, la disciplina prevista dall’art. 8, comma 1, d.lgs. 689/81 in tema di più violazioni di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative).
In tale contesto, e in considerazione delle aumentate sanzioni di carattere pecuniario applicate a violazioni anche passate, è oggi ancor più importante impostare un corretto percorso di verifica della conformità normativa dei singoli studi professionali, nonché di implementazione di eventuali azioni correttive; inoltre, emerge chiaramente la necessità di verificare il livello di allineamento alla normativa non solo in chiave di gestione futura, ma anche per quanto concerne il passato dello studio del professionista.