Skip to content Skip to sidebar Skip to footer

Distribuzione selettiva e opposizione alla vendita da parte di soggetti estranei alla rete di rivenditori autorizzati

Con ordinanza del 10 maggio 2021 il Tribunale di Milano, sezione specializzata in materia di imprese, ha accolto le domande cautelari formulate da una nota maison di alta moda e profumeria nei confronti del gestore di una piattaforma e-commerce italiana specializzata in prodotti per capelli sul presupposto che la vendita su tale portale di prodotti in violazione dei principi di selettività adottati dalla ricorrente arrecasse un pregiudizio alla qualità ed al valore dei marchi di quest’ultima.

La società ricorrente, dopo aver specificato di non intrattenere alcun rapporto contrattuale con parte resistente (che era quindi esterna al sistema di distribuzione selettiva della ricorrente), ha lamentato la vendita sul sito di controparte di prodotti in violazione dei criteri di selettività nonché l’alterazione di tali prodotti in quanto i codici apposti sulle confezioni, volti a garantirne la tracciabilità, risultavano essere stati manomessi.

Su queste basi, sono state formulate domande di contraffazione di marchio e concorrenza sleale.

Parte resistente si è costituita in giudizio contestando la sussistenza di un illecito e chiedendo la chiamata in causa del suo fornitore dei prodotti oggetto di causa (rigettata in quanto dilatoria).

Preliminarmente, in linea con la giurisprudenza europea, il Tribunale di Milano ha accertato la legittimità del sistema di distribuzione selettiva adottato dalla società ricorrente (e, più in generale, dal gruppo multinazionale di cui è parte). Sebbene tale modalità di distribuzione sia astrattamente idonea a limitare la concorrenza sul mercato, le restrizioni possono essere lecite purché:

  • siano limitate a particolari tipologie di prodotti, individuate in quelle di elevato livello tecnico per le quali l’acquirente necessita di una specifica assistenza sin dal momento dell’acquisto, ovvero prodotti di lusso e prestigio, in ottica di tutela degli investimenti effettuati dal titolare;
  • i limiti imposti alla libera concorrenza non vadano oltre il necessario e siano stabiliti in modo oggettivo, riferiti a parametri attinenti alle qualità professionali del rivenditore, coerenti con l’obiettivo di assicurare una distribuzione specializzata e applicati in maniera non discriminatoria a tutti gli aspiranti rivenditori.

Con riferimento alle vendite online, se deve essere consentito ad ogni rivenditore autorizzato di commercializzare i prodotti tramite il proprio sito web, è d’altro canto lecito imporre al distributore il rispetto di specifici standard qualitativi del sito.

Nel merito, il Tribunale ha rilevato che il gruppo di cui la ricorrente fa parte è leader di mercato in una pluralità di settori merceologici di lusso ed i relativi marchi sono pacificamente rinomati.

Il prestigio associato a tali prodotti è frutto di ingenti investimenti non limitati alla ricerca di materiali di qualità ma estesi alla cura del packaging ed alla presentazione al pubblico idonea a valorizzare la specificità estetica dei prodotti.

Tale notorietà è tutelata anche mediante il ricorso ad un sistema di distribuzione selettiva attraverso il quale i rivenditori selezionati sono tenuti ad adottare tecniche e accorgimenti volti ad ingenerare e mantenere nei consumatori un’immagine di lusso e prestigio.

Su tali presupposti, il Tribunale ha confermato la legittimità di una serie di clausole di selettività destinate a salvaguardare il prestigio sopra descritto e, in particolare, l’impegno del rivenditore a:

  • non esporre o vendere i prodotti al di fuori del punto vendita e a non mettere in vendita in prossimità dello stesso prodotti idonei a svalutare l’immagine del marchio della ricorrente;
  • offrire un servizio di consulenza e dimostrazione dei prodotti adeguato e proporzionale alla superficie del punto vendita ed alla quantità di prodotti disponibili;
  • mettere in evidenza il marchio mediante esposizione dei prodotti su scaffali sui quali siano collocate targhette recanti il logo o in prossimità del materiale pubblicitario relativo al marchio;
  • presentare i prodotti in un apposito mobile dedicato qualora il punto vendita si trovi all’interno di un negozio non specializzato nella vendita di articoli di profumeria aventi determinate caratteristiche dimensionali;
  • impiegare personale in possesso di specifica e comprovata formazione professionale nel settore;
  • mantenere un ambiente interno ed esterno al punto vendita che siano consoni al prestigio del marchio e separare l’ambiente in cui siano eventualmente esercitate le attività di vendita di prodotti diversi dai cosmetici di lusso;
  • vendere i prodotti perfettamente conservati e dotati della loro presentazione originale.

Mentre, con specifico riferimento ai rivenditori online:

  • la disponibilità da parte del rivenditore di almeno tre punti vendita fisici;
  • il divieto di affiancamento a prodotti recanti altri marchi diversi dai cosmetici di lusso;
  • il divieto di inserire collegamenti ipertestuali a siti esterni e pubblicità suscettibili di ledere l’immagine del marchio;
  • l’offerta di un servizio di consulenza personalizzata rivolto ai clienti;
  • la garanzia di una qualità grafica elevata.

Poiché la resistente non ha mai intrattenuto rapporti contrattuali con la ricorrente, la tutela richiamata da quest’ultima ha avuto esclusivamente natura extracontrattuale, non in termini di falsità dei prodotti litigiosi ma di modalità di vendita lesive del prestigio del brand.

La ricorrente ha provato, tramite una perizia di parte, che la vendita dei prodotti sul sito della resistente era idonea a pregiudicare l’immagine, la qualità ed il prestigio dei prodotti, venduti dopo essere stati privati dei codici identificativi originari.

Inoltre, la resistente ha proseguito nella vendita dei prodotti contestati – creando addirittura una sezione dedicata al brand della ricorrente – nonostante l’invio di plurime diffide che l’avevano resa edotta della sussistenza di una rete di distribuzione selettiva.

In tal senso, è irrilevante che i prodotti siano stati forniti da un rivenditore autorizzato interno alla rete poiché le modalità di commercializzazione adottate dalla resistente sono state ritenute idonee a pregiudicare l’immagine di lusso del marchio della ricorrente (ad esempio, attraverso l’accostamento a prodotti di minore qualità in ambiti merceologici diversi dall’alta profumeria e l’assenza di consulenza professionale specifica).

Alla luce degli illeciti rilevati, il Tribunale ha accolto le istanze della ricorrente:

  • inibendo la pubblicizzazione, commercializzazione e offerta dei prodotti contestati, nonché l’uso dei relativi marchi anche sotto forma di metatag;
  • fissando una penale di Euro 20,00 per ogni prodotto venduto in violazione dell’ordine cautelare e di Euro 100,00 per ogni giorno di ritardo nel relativo adempimento;
  • ordinando la pubblicazione sul sito e-commerce della resistente;

condannando la resistente al rimborso delle spese di lite in favore della ricorrente.

 

Leave a comment

La “Certificazione B Corporation” è un marchio che viene concesso in licenza da B Lab, ente privato no profit, alle aziende che, come la nostra, hanno superato con successo il B Impact Assessment (“BIA”) e soddisfano quindi i requisiti richiesti da B Lab in termini di performance sociale e ambientale, responsabilità e trasparenza.

Si specifica che B Lab non è un organismo di valutazione della conformità ai sensi del Regolamento (UE) n. 765/2008 o un organismo di normazione nazionale, europeo o internazionale ai sensi del Regolamento (UE) n. 1025/2012.

I criteri del BIA sono distinti e autonomi rispetto agli standard armonizzati risultanti dalle norme ISO o di altri organismi di normazione e non sono ratificati da parte di istituzioni pubbliche nazionali o europee.