È possibile rivendicare la paternità di un’opera postata su Facebook?
Con sentenza n. 3933 del 10 maggio 2021, il Tribunale di Milano ha rigettato le domande di un artista che aveva citato in giudizio una nota maison di alta moda che avrebbe riprodotto senza autorizzazione un’opera d’arte su pantofole e borse presentate nel corso di una sfilata.
Per provare la titolarità dei diritti sull’opera – un’icona di una ‘Madonna con un foulard rosa con bambino’ – l’artista ha dichiarato di averla pubblicata sulla propria pagina Facebook diversi anni prima, tuttavia senza apporre firme o altri segni che consentissero di determinarne la paternità.
La maison si è costituita in giudizio allegando di aver realizzato la collezione primavera/estate 2018 traendo ispirazione da immagini di natura religiosa estratte da un sito internet di origine sudamericana e di aver realizzato, in tale contesto, alcuni esemplari unici di pantofole e borse utilizzati durante la sfilata di presentazione. Quanto alle contestazioni ricevute, la maison ha invece dichiarato di non aver ricevuto dall’artista – a fronte di esplicita richiesta – alcuna prova documentale in merito alla paternità dell’opera.
Il Tribunale ha preliminarmente rilevato l’assenza di prova da parte dell’artista circa le tecniche pittoriche che sarebbero state utilizzate per realizzare l’opera ed il luogo di conservazione del dipinto, del quale non era stata nemmeno offerta l’esibizione in giudizio. L’unica raffigurazione dell’opera era quella che l’artista aveva dichiarato di aver postato sul proprio profilo social.
Dopo aver ricordato che il titolo originario dell’acquisto del diritto d’autore è la creazione dell’opera da parte dell’autore, senza che sia necessaria alcuna formalità, e che la paternità è presunta in capo a chi sia indicato come tale nelle forme d’uso, il Tribunale ha ritenuto che “la sola pubblicazione della fotografia sull’account del social network Facebook – come prodotta in giudizio – sia insufficiente a provare la paternità dell’opera”, peraltro pubblicata senza firma dell’artista, in relazione alla quale “manca inoltre l’offerta di prova in ordine alla fase di realizzazione […] nonché in ordine a quali siano le pubblicazioni di settore nelle quali l’opera sia stata attribuita all’attore, ed in quali eventi pubblici (mostre, esposizione presso gallerie d’arte) l’opera sia stata presentata al pubblico”.
Su tali basi, le domande dell’artista sono state rigettate con conseguente condanna al rimborso delle spese di lite in favore della maison liquidate in Euro 7.254.