Finanziamento soci nelle S.r.l. al tempo del Covid-19: opportunità e rischi
Il Decreto “Liquidità” ed il Decreto “Rilancio” hanno introdotto numerose misure d’emergenza che impattano sulle valutazioni dei soci di una PMI in merito all’opportunità di finanziare ovvero ricapitalizzare la propria società.
Innanzitutto, sino al 31 dicembre 2020, è sospeso l’obbligo di ricapitalizzazione della società (con l’alternativa della messa in liquidazione), in caso di riduzione del capitale per perdite (si tratta degli obblighi previsti dagli articoli 2446, 2447, 2482-bis del codice civile). Sino alla stessa data, anche i principi di redazione del bilancio (a cui fanno particolare attenzione le banche finanziatrici), potranno avvalersi di maggiore “flessibilità” nel dimostrare la prospettiva di continuità aziendale rispetto ai principi contabili ordinari.
Al fine di incentivare il finanziamento delle imprese, il Decreto Liquidità ha stabilito che i finanziamenti soci e infragruppo effettuati dal 9 aprile al 31 dicembre 2020 non sono postergati rispetto al soddisfacimento degli altri creditori sociali.
Infine, è rinviata al 1° settembre 2021 l’entrata in vigore del Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza, con la relativa imposizione agli imprenditori dell’adozione di misure idonee e di un assetto organizzativo adeguato (articolo 2086 del codice civile) per la rilevazione delle situazioni di crisi e l’adozione tempestiva delle opportune iniziative da parte degli amministratori.
Oltre ai contributi a fondo perduto per le aziende con fatturato non superiore a 5 milioni di euro, il Decreto Rilancio ha anche previsto un incentivo per la capitalizzazione delle medie imprese effettuata con aumenti di capitale a pagamento tra il 20 maggio ed il 31 dicembre 2020, con due crediti di imposta a beneficio del socio e della società: (i) al 20% del capitale versato (credito a favore del socio investitore) e (ii) al 50% delle perdite eccedenti il 10% del patrimonio netto (credito a favore della società).
L’articolo 26, comma V, del Decreto Rilancio specifica che “non possono beneficiare del credito d’imposta le società che controllano direttamente o indirettamente la società conferitaria, sono sottoposte a comune controllo o sono collegate con la stessa ovvero sono da questa controllate.” In altre parole, sono ammessi al beneficio solo i conferimenti effettuati da soci persone fisiche o società terze che entrano come “nuovi” soci.
Occorre anche considerare che il beneficio verrà meno se la partecipazione ottenuta con la sottoscrizione dell’aumento di capitale verrà ceduta prima del 1° gennaio 2024, ovvero se la società distribuirà riserve ai soci prima della stessa data.
Infine, nel valutare l’opportunità di un aumento di capitale, per i soci di imprese con ricavi tra i 10 e i 50 milioni e meno di 250 dipendenti, vale la pena considerare anche la possibilità di accedere al “Fondo Patrimonio PMI” gestito da Invitalia e finalizzato a sottoscrivere obbligazioni o titoli di debito, nei seguenti limiti per un ammontare massimo pari al minimo tra: (a) 3 volte l’ammontare dell’aumento di capitale sottoscritto dai soci, (b) 12,5% dei ricavi della società.
Qualora i soci decidessero di finanziare in proprio la società e non di capitalizzarla, sarà importante stabilire nel dettaglio i termini di tale finanziamento e, in particolare, i termini di rimborso da parte della società ed il relativo piano finanziario.
Se la società risulta sottocapitalizzata, nonostante le agevolazioni rese disponibili dalla normativa d’urgenza per ottenere un finanziamento bancario, vi è il rischio che i fondi versati possano essere considerati come una forma indiretta di capitalizzazione e non come un finanziamento rimborsabile. Una recentissima sentenza della Corte di Cassazione (20/04/2020, n.7919) ha affrontato una situazione analoga, seppur non relativa al periodo legato alla crisi del Covid-19, stabilendo un principio che occorre tener presente: nella valutazione della natura di un versamento di denaro di un socio a favore della società, occorre tenere in considerazione un insieme di elementi tra cui la scarsa dotazione finanziaria della società rispetto agli scopi che si prefiggeva e l’impossibilità di ottenere finanziamenti da terzi senza il rilascio di garanzie. In questa decisione, la Suprema Corte è giunta alla conclusione che il socio fosse ben conscio di imprimere ai fondi una destinazione economica praticamente irreversibile, anche perché consapevole che la società non sarebbe mai stata in grado di restituirli.