Fine convivenza di fatto: quali somme vanno restituite all’ex?
Il caso deciso dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 11303/2020 riguarda un uomo e una donna, conviventi di fatto per oltre trent’anni, che insieme avevano avuto anche un figlio.
L’uomo, nel corso della relazione, aveva ricevuto centinaia di migliaia di euro dalla compagna, somme non compatibili con la normale conduzione del ménage famigliare.
Secondo la Suprema Corte, i versamenti effettuati a favore del partner nel corso degli anni rappresentano un indebito arricchimento e non possono essere considerati alla stregua di un’obbligazione naturale ai sensi dell’art. 2034 c.c..
Infatti, in generale, gli importi versati in corso di convivenza possono essere considerati come adempimento di un dovere morale e sociale ed essere ricompresi nell’ambito di operatività dell’art. 2034 c.c.. Ne consegue che è esclusa la possibilità per chi li ha versati di ottenerne la restituzione.
Ma, nel caso di specie, l’importo era talmente alto da spingersi ben oltre il normale soddisfacimento delle esigenze famigliari.
La Corte di Cassazione, già con la sentenza n. 3713/2003 ha affermato che:
‘Un’attribuzione patrimoniale a favore del convivente “more uxorio” configura l’adempimento di un’obbligazione naturale a condizione che la prestazione risulti adeguata alle circostanze e proporzionata all’entità del patrimonio e alle condizioni sociali del solvens’.
L’uomo, invece, si è arricchito ingiustificatamente per somme di denaro che non avrebbe avuto ragione di percepire in forza della convivenza.
‘E’, pertanto, possibile configurare l’ingiustizia dell’arricchimento da parte di un convivente more uxorio nei confronti dell’altro in presenza di prestazioni a vantaggio del primo esulanti dal mero adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto di convivenza – il cui contenuto va parametrato sulle condizioni sociali e patrimoniali dei componenti della famiglia di fatto – e travalicanti i limiti di proporzionalità e adeguatezza.’ (Cass. Civ. n. 11330/2009).