I Trolls sono tornati….e non se ne andranno!!!!!
Vi ricordate le fiabe dei Trolls che hanno animato gli incubi delle notti di tanti bambini delle ultime generazioni? Ebbene…sono tornati! In una forma diversa, con figure variegate, nel nuovo e rutilante mondo di internet. Come mai? Perché questi mostri per lo più cattivi, protagonisti di tante fiabe degli ultimi decenni del filone fantasy, hanno ceduto i diritti di utilizzo del loro nome ad una nuova e inquietante figura protagonista del mondo della rete: l’anonimo provocatore, appunto il troll. In America, e non solo, a questo appellativo corrispondono gli “agitators who pop up” e cioè i provocatori anonimi che lanciano e diffondono messaggi al fine di disturbare o sabotare le discussioni online, che ultimamente si stanno concentrando su personaggi o eventi protagonisti della cronaca quotidiana.
Il termine è volutamente vago poiché i trolls agiscono nell’ombra; il loro fine non è chiaro, le loro intenzioni sconosciute, il loro legame misterioso. Secondo Farhad Manjoo del New York Times, troll è diventato un’etichetta per definire, anche graficamente, un intervento provocatorio online come ad esempio quello accaduto a Zelda Williams nelle ore immediatamente successive alla morte di suo padre. I trolls si sono accaniti contro la figlia di Robin Williams bombardandola di foto e messaggi del tipo “guarda come l’hai ridotto… Guarda cosa gli hai fatto fare” postando le foto dell’attore in primo piano, già morto, con il livido sul collo provocato dal cappio. Per non parlare di cosa sta succedendo in queste ore sulla rete a proposito dell’uccisione a Ferguson, MO, del giovane ammazzato dalla polizia: decine di trolls hanno veicolato messaggio distorsivi, allarmisti e depistanti, approfittando anche del coinvolgimento del collettivo di Anonymous che ha attaccato i siti della polizia.
Abbiamo fatto una breve verifica presso alcuni leading blogger a livello mondiale ed è emerso, con riguardo a questo fenomeno dilagante dei trolls, un quadro per certi versi inquietante e per altri assolutamente, ahinoi, normale, in una società complessa e violenta in cui purtroppo si annidano le peggiori derive psicologiche degli esseri umani.
Eccovi la fotografia che abbiamo ricavato: il costruirsi un profilo alternativo al proprio ufficiale costituisce una moda molto diffusa tra i frequentatori della rete. Sembra quasi dai loro racconti che ciascuno, al di là della sua posizione ufficiale e chiamiamola anche “politically correct”, sviluppi una sua seconda personalità, molto meno “correct”, in un altro profilo rigorosamente anonimo, normalmente denominato con un nome di fantasia che per nostra comodità d’ora in poi chiameremo “profilo Pippo“.
Ebbene, tanto per rimanere nei due casi di attualità appena citati, nel profilo ufficiale il soggetto partecipa al dolore della famiglia di Robin Williams o dei genitori del ragazzo morto ammazzato a Ferguson, mandando le proprie condoglianze e ricordando, nel caso dell’artista, le qualità del defunto. Nel profilo Pippo, il troll, scarica invece tutte le proprie pulsioni emotive, anche le peggiori, quelle che nessuno oserebbe pronunciare in nessun consesso sociale. Di contro ci possono essere profili Pippo non negativi ma semplicemente dettati dal forte desiderio di mantenere la propria privacy intatta e indenne dagli stalker o comunque da coloro che non accettano una risposta diversa dal loro pensiero. Un funzionario della polizia postale italiana ci ha ulteriormente allargato il quadro di riferimento confermandoci che esistono dei profili Pippo, senza la compresenza di un profilo ufficiale: si tratta di persone che utilizzano la rete esclusivamente come canale di aggressione violenta nei confronti dei terzi.
In questo delicato gioco di Dr. Jeckill e di Mr. Hide si creano per gli utenti due mondi di lettura dello stesso evento, uno normale, condivisibile, accettabile anche eticamente e socialmente. L’altro molto più provocatorio, umorale, rappresentativo delle peggiori devianze dell’essere umano.
In questo quadro la stampa americana si chiede con insistente imbarazzo: come arginare il dilagare di questo fenomeno? Come smascherare i trolls garantendo sicurezza e qualità dei contenuti della rete?
Il Vice Presidente di Twitter, Del Harvey, ha recentemente annunciato che il sito ha sospeso le persone che hanno attaccato il profilo di Zelda Williams.
Sinceramente ci sembra, però, un problema irrisolvibile: i trolls infatti sono una declinazione, diversa soltanto nello strumento tecnologico usato per la sua diffusione, di manifestazioni becere e provocatorie di violenza psicologica verso terzi, protette da anonimato e quindi senza barriere di limitazione o autoregolamentazione. Quando quindi si parla di soluzioni per questo problema o comunque di maggiori sforzi che ci dobbiamo imporre per cercare di ridurre la possibilità che vengano postati messaggi anonimi di questo genere, rischiamo di ripetere le gesta di Don Chisciotte nella sua battaglia contro i mulini a vento. “Se c’è una lezione che la storia di internet ci ha insegnato – ha scritto Farhad Manjoo sulle colonne del NYT – è che i trolls saranno sempre difficili da limitare perchè essi riflettono concretamente “base human society in all its ugliness“: seguono, in altre parole, e riflettono l’umanità nelle sue peggiori manifestazioni.
“Non è tanto una questione se vinceremo o meno la guerra contro il diffondersi dei trolls – conclude il suo ragionamento Farhad Manjoo- ma se vinceremo o meno le battaglie contro la misoginia, il razzismo, il femminicidio ed altre deviazioni similari.”
La Professoressa Whitney Phillips, dell’Università statale di Humboldt e autrice del libro “This is why we cannot have nice things“, una sintesi dei suoi studi sui cattivi comportamenti nella Rete, sostiene che “più questo sistema dei media si espanderà, più i Trolls avranno spazio di manovra. Essi sono perfettamente strutturati per sfruttare l’ampiezza e l’incontrollabilità del mondo del web.”
Abituiamoci dunque a convivere con i trolls fintantoché non sapremo intervenire sull’educazione civile e morale di noi stessi.