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Il marchio Northern Soul e i simboli d’uso comune

 

L’impossibilità di registrare come marchio simboli divenuti di uso comune

Il “Northern Soul” è un genere musicale che, diffusosi a cavallo degli anni ’60 e ’70 in diverse città del nord dell’Inghilterra, è divenuto in pochi anni molto popolare tra i giovani appartenenti alla sub-cultura dei c.d. mod.
Simbolo di tale corrente musicale è diventato, per ragioni solo in parte conosciute, il logo visionabile a questo link.

Ispirato al celebre gesto di protesta degli atleti di colore Tomie Smith e John Carlos alle Olimpiadi di Messico ’68, tale simbolo veniva usato nei posters che pubblicizzavano serate a base di musica Northern Soul. Ben presto, tuttavia, tale segno è divenuto un badge che gli amanti di tale musica apponevano sui propri abiti, zaini o scooter quale simbolo di appartenenza.
Il logo sopra riportato, tuttavia, non è mai stato registrato come marchio né durante gli anni di maggior successo del Northern Soul, né successivamente. Ciò, almeno, fino al dicembre 2012, quando la società inglese The Retro Bag Shop ha depositato presso l’Ufficio Marchi e Brevetti britannico una domanda di marchio che riproduceva il logo “Northern Soul – Keep the faith” per prodotti della classe 18 (imitazioni della pelle, zaini, borse da viaggio, portafogli ecc.).
Ben presto, anche grazie ai social networks, vecchi e nuovi fans del Northern Soul hanno organizzato una campagna per evitare l’appropriazione di tale simbolo da parte di un soggetto privato.
Portavoce di questo movimento è stato Mr. Brian Poulton, cultore della musica Northern Soul sin dalle sue origini, il quale pure aveva in passato utilizzato il logo “Northern Soul – Keep the faith” come elemento decorativo di borse e zaini prodotti dalla sua società Indie Apparel Ltd. e quindi mai in funzione di marchio.
Forte dell’appoggio di migliaia di fans, Mr. Poulton ha depositato presso l’Ufficio Marchi e Brevetti britannico un’opposizione alla registrazione del marchio “Northern Soul – Keep the faith” basata sull’art. 3(1)(d) del Trademark Act britannico che vieta la registrazione di marchi consistenti esclusivamente in segni divenuti consueti o abituali nel linguaggio comune.
L’iniziativa di Mr. Poulton ha ottenuto i risultati sperati e, con decisione dell’11 agosto 2014, l’Ufficio Marchi e Brevetti britannico ha accolto l’opposizione e rigettato la domanda di marchio in questione sul presupposto che il simbolo “Northern Soul – Keep the faith” rientrasse nel linguaggio comune.
Il tema, al di là della sua connotazione culturale, è ricorrente anche nelle aule giudiziarie italiane ed europee, essendo un fenomeno crescente il ricorso nell’attività di marchi che sfruttano la capacità evocativa di parole o simboli di uso comune.
L’art. 13 del Codice della Proprietà Industriale affronta il problema negli stessi termini della norma inglese che ha deciso il caso “Northern Soul – Keep the faith” vietando la registrazione di tale logo come marchio.
Non è tuttavia agevole individuare la linea di confine tra parola o logo largamente diffusa, comunque utilizzabile come marchio, e parole o simboli inappropriabili in quanto di uso comune.
Volendo citare alcuni esempi, in sede europea è stata rifiutata la registrazione dei segni “+” e “plus” (Trib. UE, 3.3.2010, causa T-321/07) in quanto segni o parole di uso comune per indicare l’eccellenza di determinati prodotti. Allo stesso modo, i giudici italiani hanno considerato nullo sia il marchio consistente nell’espressione “Il velista dell’anno” in quanto la dicitura “dell’anno” risulta una metafora evocativa di “preminenza ed eccellenza” (T. Milano, 21.10.2010  in G.A.D.I. 5659) sia il marchio formato dal simbolo di un “cuore rosso” in quanto emblema di uso comune legato ai concetti di affetto o amore (T. Milano 24.10.2008 in G.A.D.I. 5386).
Al contrario, la Corte di Giustizia Europea ha ritenuto valido il marchio “Vorsprung durch Technik” (“vantaggio attraverso la tecnica”) in quanto, pur riferendosi alla superiorità tecnologica dei prodotti a cui si riferisce, è stato considerato dotato di una certa originalità (C.G.E. 21.1.2010 C-398/08P). Similarmente, i giudici italiani hanno stato considerato valido il marchio “Fuoco dell’Etna” registrato per bevande alcoliche in quanto risulta dalla combinazione di due parole che esigono dal consumatore un’attività interpretativa e di elaborazione concettuale e, pertanto, non può essere considerato un segno di uso comune (T. Catania, 13.2.2009 in G.A.D.I. 5622).

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