Iniziative promozionali, manifestazioni a premi e ambush marketing
1. Introduzione
Con sentenza n. 2547 del 23/04/2020, le Sezioni Specializzate del Tribunale di Milano hanno fornito spunti e criteri rilevanti per valutare la legittimità delle iniziative promozionali e di co-marketing che, spesso, coinvolgono lo sfruttamento dell’immagine e dei brand di terze parti.
La decisione ha riconosciuto, in particolare, le pretese formulate da TIM e della sua agenzia di comunicazione Armosia a fronte degli atti di concorrenza sleale, ambush marketing e violazione del diritto d’autore commessi da Wind.
2. Il caso
Nel novembre 2017, Armosia, rappresentando di aver realizzato per Tim – in co-marketing con Disney – una campagna promozionale incentrata sull’ultimo film di Star Wars, ha agito unitamente a Tim in via d’urgenza contro Wind lamentando che l’iniziativa commerciale avviata parallelamente da quest’ultima – incentrata sul Droide BB-8, protagonista di Star Wars – avrebbe consentito a Wind di associare indebitamente il proprio marchio alla promozione del film e di trarne un indebito vantaggio concorrenziale.
Con ordinanza cautelare, confermata in sede di reclamo, il Tribunale ha riconosciuto la fondatezza delle domande inibendo a Wind l’uso dei personaggi di Star Wars nell’ambito di campagne promozionali svolte “con modalità tali da manifestare al pubblico [l’esistenza di] un [inesistente] rapporto di sponsorizzazione o di legame diretto con Disney”.
Nella motivazione della sentenza emanata a decisione del successivo giudizio di merito, il Tribunale ha confermato tale prospettazione e ha fornito delle importanti indicazioni sulle caratteristiche che deve possedere un’iniziativa promozionale per non violare i diritti di competitor e terzi.
3. L’ambush marketing
L’ambush marketing consiste nell’associazione abusiva tra un’impresa ed un evento di particolare risonanza mediatica, in assenza di un rapporto di sponsorizzazione o licenza con l’organizzazione della manifestazione, tale da consentire un illecito agganciamento alla notorietà di quest’ultima.
Nel caso di specie, Tim – con l’intermediazione di Armosia ed in forza di un accordo con Disney – aveva associato il proprio marchio al lancio di Star Wars nel mercato italiano.
Parallelamente, Wind aveva avviato un’operazione a premi caratterizzata dall’offerta a prezzo ribassato del giocattolo del Droide BB-8, in assenza di autorizzazione di Disney.
Secondo il Tribunale, attraverso tale condotta Wind ha “creato un indebito collegamento nella mente del consumatore tra il proprio brand, i propri servizi e prodotti e la saga di Star Wars”, impiegando “nella propria campagna proprio il personaggio chiave utilizzato da Tim nella promozione in corso” e agendo pertanto “senza il previo consenso – oneroso – della titolare dei relativi diritti per lanciare una campagna di co-marketing”.
Tale condotta ha quindi frustrato il vantaggio competitivo della campagna organizzata da Armosia e Tim, “accreditando verso il pubblico la convinzione che l’abbinamento tra Disney e i più grandi operatori di telecomunicazioni nazionali sia scontata e naturale”.
In sintesi, Wind avrebbe potuto legittimamente acquistare e rivendere ai consumatori il giocattolo del Droide BB-8, ma senza creare una (indebita) associazione idonea a ingenerare nel pubblico l’esistenza di un collegamento tra Wind e Star Wars. Le caratteristiche della campagna di Wind, le scelte grafiche compiute ed il ruolo attribuito al robot nell’ambito dell’iniziativa promozionale sarebbero invece state “esorbitanti” rispetto alla finalità di “identificare e di comunicare al pubblico i prodotti offerti in vendita” e, quindi, illecite.
4. La violazione del diritto d’autore
Tim ha poi lamentato la lesione del diritto di utilizzo dei personaggi di Star Wars a fini promozionali alla medesima concessi in licenza da Disney in esclusiva (per il settore telecomunicazioni) nel periodo di riferimento.
In tale contesto, il Tribunale ha ritenuto che la condotta di Wind integrasse una violazione dei diritti acquistati da Tim in via derivativa.
5. Conclusioni
Il Tribunale ha ritenuto che, oltre a danneggiare Tim, la condotta di Wind danneggiasse anche l’agenzia di comunicazione che – essendosi qualificata sul proprio sito come partner di Tim nella realizzazione della campagna – aveva subito un appannamento della propria immagine imprenditoriale caratterizzata dalla “capacità di costruire importanti partnership con colossi mondiali”.