La dimensione giuridica degli SDGs
Il Rapporto ASVIS, presentato ad ottobre dall’Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile, ha l’obiettivo di evidenziare l’impegno dell’Italia riguardo al raggiungimento degli SDGs.
Il Rapporto indaga anche il profilo normativo in relazione all’attuazione degli SDGs e permette, da una parte, di osservare come questi obiettivi siano diventati un linguaggio internazionale comune sulla base del quale implementare un nuovo modello di sviluppo economico e sociale e, dall’altra, rappresenta l’addentellato per il giurista per valutare la portata giuridica degli stessi.
In questo processo sono coinvolti due piani diversi della vita associativa: il piano pubblicistico e quello privatistico. I governi sono chiamati ad assumersi responsabilità adottando politiche adeguate all’implementazione degli SDGs mentre nella conduzione dell’attività economica, chi svolge attività di business è chiamato ad operare sulla base degli stessi, in modo da contribuire al loro raggiungimento. Date queste basi, che tipo di interventi si stanno attuando al fine di sviluppare una crescita sostenibile ed inclusiva sulla base degli SDGs?
All’articolo 78 della risoluzione 79/1 del 2015, si legge come la Nazioni Unite incoraggino “gli Stati membri a sviluppare il prima possibile risposte nazionali ambiziose per l’attuazione dell’Agenda”. L’Italia ha risposto approvando la Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile la cui attuazione è operata in maniera sinergica con il programma nazionale di riforma ed è strutturata in 5 aree -5P-, persone, pianeta, prosperità, pace e partnership, ciascuna delle quali contiene scelte e obiettivi strategici per il paese.
Inoltre, come richiesto dal gruppo di lavoro High-level political forum on sustainable development istituito nel 2015 dall’ONU, gli Stati devono stabilire indicatori che provino il livello nazionale di implementazione dell’Agenda. A tal fine l’ISTAT ha elaborato gli indicatori di benessere equo e sostenibile (BES) e la legge 163/2016 di riforma della legge di bilancio, ai sensi dell’articolo 10 comma 5, ne ha previsto l’inclusione degli indicatori nel Documento di Economia e Finanza (DEF). I BES entrano così nel processo di definizione delle politiche economiche mirando a rendere il Paese più consapevole dei punti di forza e delle difficoltà per migliorare la qualità della vita dei cittadini.
In ambito privatistico l’Agenda 2030 richiede un cambio di passo nello sviluppo di un nuovo modello economico sostenibile. Quest’ambito, caratterizzato da sempre dall’adozione di impegni su base volontaria, è arrivato ad un punto di svolta nel 2014 a seguito dell’emanazione della Direttiva 2014/95/UE riguardante la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario (relative ad aspetti ambientali, sociali e di governance) e di informazioni sulla diversità da parte di taluni gruppi di grandi dimensioni. La comunicazione della Commissione Europea “Orientamenti sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario” è un documento volto a definire le modalità di applicazione della Direttiva. Nell’introduzione la Commissione menziona espressamente gli SDGs, in favore dei quali, gli obblighi derivanti dalla Direttiva, forniscono un contributo importante al raggiungimento deli stessi. Vengono chiariti gli scopi che la Direttiva si prefigge tra cui l’impegno, a favore delle imprese, nella comunicazione delle informazioni di carattere non finanziario in maniera rilevante, utile, coerente e comparabile: concetto molto importante quest’ultimo, al fine di costruire un “linguaggio univoco” nella redazione di questo documento.
In attuazione della Direttiva viene emanato in Italia, il d.lgs. 254/2016 sulla dichiarazione di carattere non finanziario (DNF). Il recepimento a livello nazionale, impone alle grandi aziende di depositare, insieme ai bilanci, la DNF, per spiegare quali azioni hanno messo in campo nella conduzione della loro attività, per tutelare l’ambiente, avere una corretta gestione del personale, garantire il rispetto dei diritti umani e la lotta alla corruzione. Mentre, da una parte, si sottolinea la previsione dell’obbligo di redazione della DNF solo per taluni tipi di imprese che soddisfano determinati requisiti dimensionali, dall’altra, è prevista nel decreto l’irrogazione di sanzioni di natura amministrativa per il mancato deposito, il deposito ritardato, l’omessa allegazione dell’attestazione del revisore, la dichiarazione non conforme, la dichiarazione falsa, il comportamento omissivo dei revisori, a riprova della sua portata vincolante. Sul piano sanzionatorio è interessante sottolineare come il decreto preveda, per quei soggetti che redigono la DNF su base volontaria, l’applicazione delle sanzioni amministrative ridotte della metà.
Dopo aver identificato l’ambito di indagine e analizzato alcune delle più importanti novità legislative, risulta evidente come si stia procedendo, attraverso la cooperazione internazionale, al coordinamento degli interventi sul piano politico-legislativo in base agli SDGs, per costruire un consenso di lungo periodo affinché questi non diventino impegni “passeggeri” ma rappresentino il definitivo passaggio verso una crescita inclusiva e sostenibile sia dal punto di vista economico che sociale attraverso lo sviluppo e l’implementazione di nuovi canoni giuridici cogenti. Risulta in questo senso fondamentale il ruolo del giurista per il quale il passaggio da norme di “soft-law” a norme di “hard law” costituisce il terreno su cui sviluppare nuove competenze per essere al passo con l’innovazione di cui siamo oggi parte.