L’AGCM si pronuncia sull’utilizzo illecito del servizio AdWords
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nella sua adunanza del 25 febbraio 2015 condanna per pratica commerciale scorretta e ingannevole l’uso del marchio di un competitor da parte della società First Floor tramite il servizio AdWords.
Oltre alla magistratura ordinaria (vedi in tal senso il nostro commento alla decisione del Tribunale di Milano), ora anche l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato si è pronunciata in data 25 febbraio 2015 (qui) su un caso avente ad oggetto l’utilizzo di un marchio altrui tramite il servizio di AdWords offerto da Google.
Il servizio AdWords consente agli inserzionisti, mediante la scelta di parole chiave, di promuovere i propri siti web attraverso la visualizzazione di annunci pubblicitari che compaiono nelle pagine contenenti i risultati delle ricerche effettuate dagli utenti Google, con, in aggiunta, la possibilità di selezionare le aree geografiche dove far apparire gli annunci stessi.
L’inserzionista può scegliere di utilizzare il servizio AdWords non solo al fine della mera profilazione del proprio annuncio, ma anche al fine di includere le parole chiave nel testo dell’annuncio che viene definito dinamicamente sulla base della ricerca effettuata dall’utente di Google, impiegando la funzione avanzata “Inserimento parola chiave”, che “aggiorna in maniera automatica il testo dell’annuncio per includere la parola chiave che corrisponde ai termini di ricerca di un cliente”. Tale aggiornamento dinamico avviene, appunto, a partire da una delle parole chiave scelte dall’inserzionista.
Il procedimento in analisi ha preso avvio da una segnalazione pervenuta all’AGCM da parte di Veneta Cucine S.p.A., in cui quest’ultima lamentava l’utilizzo della propria denominazione “Veneta Cucine” da parte di First Floor Home Furniture S.r.l. (“First Floor”) in suoi annunci pubblicitari diffusi con il servizio di Adwords, sottolineando come tale sfruttamento non trovasse giustificazione in un contratto di licenza e/o in qualsivoglia rapporto di natura commerciale, non essendo tale società un rivenditore ufficiale di Veneta Cucina. Nello specifico, la società segnalante precisava che gli annunci in contestazione, presenti sulle pagine del motore di ricerca Google, erano accumunati dal recare nel titolo l’indicazione “Veneta Cucine”.
L’AGCM, dopo aver effettuato idonea istruttoria, ha rilevato in via preliminare che la presenza delle parole “Veneta Cucine” nel titolo degli annunci era ascrivibile ad un comportamento di First Floor, che ha scelto di utilizzare queste parole chiave non solo al fine della mera profilazione degli annunci stessi, ma anche con lo scopo di includere le parole chiave nel testo dell’annuncio che veniva definito dinamicamente sulla base della ricerca effettuata dall’utente di Google.
Svolta tale premessa in ordine al riconoscimento del requisito della legittimazione passiva in capo alla società inserzionista, l’AGCM ha condannato la condotta posta in essere da First Floor come ingannevole in quanto tale società non era un distributore autorizzato di Veneta Cucine: i suoi annunci pubblicitari diffusi tramite il servizio AdWords di Google, quindi, contenendo nel testo la denominazione “Veneta Cucine”, erano idonei a indurre i consumatori a ritenere erroneamente che vi fosse un collegamento commerciale tra il segnalante e la società che gestiva il sito in esame.
La condotta in analisi, inoltre, è stata ritenuta non rispondente alla diligenza professionale ragionevolmente esigibile, ai sensi dell’art. 20, comma 2, del Codice del Consumo. A tal riguardo l’AGCM ha precisato che gli inserzionisti sono liberi di posizionare i propri annunci sponsorizzati in posizioni privilegiate rispetto ai risultati di una ricerca effettuata dagli utenti di Google, ma,, nell’attivare tale servizio, devono fare attenzione ad evitare che il testo dell’annuncio, risultante dall’attivazione del servizio AdWords, possa in qualsivoglia modo indurre in errore il consumatore medio circa l’identità dell’inserzionista medesimo e/o l’attività da esso svolta e/o i prodotti e/o servizi da questo offerti.
La posizione assunta dall’AGCM in tale provvedimento appare estremamente censoria, dal momento che sembra condannare tout court l’uso di un marchio altrui negli annunci pubblicitari che vengono generati sul motore di ricerca Google in maniera dinamica attraverso il servizio AdWords. Occorrerà in ogni caso attendere le prossime decisioni dell’AGCM su tale servizio e/o i provvedimenti che vorranno assumere il TAR e/o il Consiglio di Stato eventualmente adite dalla società inserzionista in merito a tale decisione, per delineare un quadro più completo della posizione che tale autorità indipendente vorrà assumere al riguardo: solo allora, infatti, sarà possibile effettuare una reale analisi comparativa tra l’orientamento dell’AGCM e quello della magistratura ordinaria che, lo ricordiamo in questa sede, non vieta in assoluto l’uso di un marchio competitor tramite il servizio AdWords, che considera una corretta espressione del rapporto concorrenziale, ma si limita a vietare questo servizio solo qualora ingeneri confusione circa l’origine del prodotto promozionato, ossia quando il link comprometta le principali funzioni del marchio altrui, ingenerando confusione tra i prodotti o servizi offerti dal titolare del marchio usato come keyword e quelli del concorrente che ha utilizzato tale segno distintivo per promuovere i propri prodotti.