Le misure sul trasporto aereo passeggeri introdotte dal Decreto Rilancio
Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della Legge n. 77/2020 sono divenute definitive le misure introdotte nel settore del trasporto aereo dagli artt. 198, 202 e 203 del Decreto Legge n. 34 del 19 maggio 2020 (c.d. Decreto Rilancio).
Nel dettaglio, l’art. 198 prevede l’istituzione di un Fondo di 130 milioni di euro in favore delle compagnie nazionali, titolari di licenza per il trasporto aereo passeggeri rilasciata dall’ENAC, che impiegano aeromobili con una capacità superiore a 19 posti.
Il Fondo è dedicato ai vettori aerei con sede in Italia, con conseguente esclusione di tutte le compagnie estere che operano sul territorio nazionale.
Ulteriore condizione per l’accesso al Fondo è che il vettore, alla data di presentazione della domanda, riconosca al proprio personale con base di servizio in Italia e ai dipendenti di imprese terze dallo stesso impiegati per l’esercizio della propria attività, trattamenti retributivi non inferiori a quelli minimi stabiliti dal Contratto Collettivo Nazionale di lavoro (CCNL) stipulato dalle organizzazioni datoriali e sindacali più rappresentative a livello nazionale.
La norma non chiarisce se per trattamenti retributivi minimi si debba intendere solamente la parte “fissa” del compenso o si debba invece tener conto anche dell’eventuale parte “variabile” corrisposta dal datore di lavoro al verificarsi di determinate condizioni previste dal contratto (parte variabile che spesso può incidere in misura significativa sul compenso complessivo).
Ad ogni modo, un successivo decreto adottato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti definirà le concrete modalità di erogazione del finanziamento, con la possibilità di riconoscere contributi anche in favore dei vettori con licenza italiana che non abbiano applicato le condizioni minime retributive stabilite dalla norma richiamata.
Il successivo art. 202, invece, apporta delle modifiche all’articolo 79 del D.L. n. 18 del 2020 (convertito con L. n. 27 del 24 aprile 2020) e – con l’obiettivo di portare a compimento il percorso intrapreso in favore di Alitalia – autorizza la costituzione di una nuova società, direttamente controllata dal MEF o da società a prevalente partecipazione pubblica, per l’esercizio dell’attività d’impresa nel settore del trasporto aereo passeggeri.
Un’ulteriore rilevante novità è contenuta all’art. 203, ove al primo comma si prevede l’obbligo in capo ai vettori aerei e alle imprese che impiegano personale sul territorio italiano di applicare in favore dei propri dipendenti con base di servizio in Italia i minimi retributivi previsti dal CCNL. Questo, indipendentemente dalla nazionalità della compagnia e/o dell’impresa, essendo a tal fine sufficiente che le stesse operino sul territorio italiano.
Tale obbligo retributivo è poi esteso anche nei confronti dei dipendenti di imprese terze impiegati dai vettori per l’esercizio della propria attività. Anche in questo caso non è del tutto definito l’ambito soggettivo della previsione, considerato che il personale delle imprese terze tradizionalmente utilizzato dalle compagnie svolge mansioni eterogenee (gestione bagagli, manutenzione, security), talvolta retribuite alle condizioni stabilite dai contratti collettivi del singolo comparto (diversi da quello del settore aereo).
Quanto alle conseguenze sanzionatorie, si prevede la revoca delle concessioni per la compagnia con sede in Italia che, entro 90 giorni dall’entrata in vigore del Decreto Rilancio, non adempia ai suddetti obblighi retributivi.
Con riferimento, invece, alle compagnie ed imprese estere, il mancato riconoscimento dei trattamenti economici minimi comporterà l’applicazione, da parte dell’ENAC, di una pena pecuniaria compresa tra 5.000 e 15.000 euro per ciascuna unità non correttamente impiegata sul territorio italiano.
Si tratta di una norma destinata a produrre effetti ad ampia scala, poiché espone al rischio di pesanti sanzioni pecuniarie gli operatori che applicano tradizionalmente contratti aziendali meno favorevoli di quelli nazionali sotto il profilo retributivo.
Le ripercussioni sul mercato potrebbero quindi essere considerevoli, atteso che il comparto delle compagnie low cost non italiane (che quindi non hanno adottato contratti collettivi italiani) rappresenta una parte consistente del traffico aereo nazionale, come si evince dai dati sul trasporto passeggeri pubblicati dall’ENAC. Sono queste (tra le altre) le motivazioni che hanno spinto le compagnie low cost non italiane a costituire recentemente un’associazione denominata “Voliamo per l’Italia” con l’obiettivo di rappresentare gli interessi delle compagnie aeree low cost nell’ambito delle relazioni con le autorità governative italiane e gli altri interlocutori istituzionali.