Legittimità dell’opzione Put che garantisce al socio di recuperare il conferimento effettuato
Con sentenza n. 17498 del 4 luglio 2018, la Suprema Corte ribalta la tesi sostenuta dal Tribunale (sent. 15833/2011) e dalla Corte di Appello di Milano (sent. n. 636/2016) relativa all’invalidità dell’opzione put con la quale viene garantito al socio il diritto ad ottenere la restituzione del suo conferimento nel capitale sociale.
In particolare, il caso di specie riguarda l’attribuzione ad un socio del diritto a pretendere l’acquisto della propria quota di partecipazione dall’altro socio ad un prezzo pari a quanto da questi versato nel capitale sociale, oltre eventuali interessi.
Se, infatti, per i giudici di merito un patto del seguente tenore è invalido in quanto lesivo della causa societatis, escludendo – in maniera assoluta e costante – il beneficiario dalla partecipazione alle perdite inducendolo a disinteressarsi alla corretta amministrazione della società, per la Cassazione tale patto è valido a condizione che la società non venga coinvolta. In particolare, per la Suprema Corte quando “nell’opzione put a prezzo preconcordato si assiste all’assoluta indifferenza della società alle vicende giuridiche che si attuano in conseguenza dell’esercizio di essa, le quali restano neutrali ai fini della realizzazione della causa societaria…non ne viene integrata l’esclusione da ogni partecipazione dalle perdite”.
Alla luce di tali considerazioni, quando l’opzione put non alteri la struttura e la funzione del contratto sociale, né modifichi la posizione del socio all’interno della società la quale continuerà ad imputare le perdite e gli utili alle proprie partecipazioni sociali, la stessa dovrà essere considerata lecita e meritevole di tutela. Ciò accadde quando il patto, come nel caso di specie, sia stato posto in essere per favorire l’afflusso di risorse finanziarie nella società: in tale ipotesi “la causa concreta è mista, in quanto associativa e di finanziamento, con la funzione di garanzia assolta dalla titolarità azionaria e dalla facoltà di uscita dalla società senza la necessità di pervenire, a tal fine, alla liquidazione dell’ente”.