Alert | Third Party Litigation Funding. Un’altra importante decisione della Corte di Cassazione
Litigation Funding: un’altra importante decisione della Corte di Cassazione
Fornire servizi di finanziamento al pubblico in assenza dell’iscrizione all’albo previsto dall’art. 106 del Testo Unico Bancario può certamente assumere rilievo sul piano del rapporto con l’autorità di vigilanza o per eventuali profili di responsabilità penale. Tuttavia, sotto il profilo civilistico, occorre chiedersi quale sia l’effetto dell’omessa iscrizione sulla validità del contratto di cessione di un credito.
Con il decreto n. 13749 del 17 maggio 2024, la prima Presidente Margherita Cassano ha ribadito che un negozio di cessione di credito non è necessariamente assoggettato alla normativa del TUB quando non ha natura finanziaria. La pronuncia riguarda un’operazione di cessione in blocco di crediti, in merito al quale la prima Presidente ha chiarito “la non riconducibilità dell’operazione all’attività di finanziamento, essendo il versamento del corrispettivo della cessione meramente eventuale in quanto condizionato al buon esito della riscossione del credito ceduto”.
Il decreto evidenzia come, sotto la rubrica “Albo degli intermediari finanziari”, l’art. 106 del testo unico bancario prevede che l’esercizio nei confronti del pubblico dell’attività di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma è riservato agli intermediari finanziari autorizzati, iscritti in un apposito albo tenuto dalla Banca d’Italia. Oltre a tale attività – prosegue la disposizione – gli intermediari finanziari possono: emettere moneta elettronica e prestare servizi di pagamento, prestare servizi di investimento, esercitare le altre attività a loro eventualmente consentite dalla legge nonché attività connesse o strumentali, nel rispetto delle disposizioni dettate dalla Banca d’Italia, a condizione che siano a ciò autorizzati e iscritti nei relativi albi.
La definizione di “attività di concessione di finanziamenti” comprende la concessione di crediti, ivi compreso il rilascio di garanzie sostitutive del credito e di impegni di firma”. In particolare, “l’attività comprende, tra l’altro, ogni tipo di finanziamento erogato nella forma di: a) locazione finanziaria; b) acquisto di crediti a titolo oneroso; c) credito ai consumatori; d) credito ipotecario; e) prestito su pegno; f) rilascio di fideiussioni, avallo, apertura di credito documentaria, accettazione, girata, impegno a concedere credito, nonché ogni altra forma di rilascio di garanzie e di impegni di firma”.
Sulla base di tali presupposti, la prima Presidente ha richiamato il principio già affermato dall’ordinanza della Terza Sezione della Corte Suprema, del 20 febbraio 2024, n. 4427, in base al quale al fine di qualificare la cessione del credito quale attività di finanziamento, soggetta alla disciplina dell’art. 106 del testo unico bancario, non è sufficiente che il cessionario operi nei confronti di terzi con carattere di professionalità, ma è necessario che la cessione integri l’erogazione di un finanziamento, ossia che comporti l’anticipazione di denaro o altra utilità.
Analogamente, si può affermare che l’acquisto di un credito controverso – attività tipica degli operatori di third party litigation funding – sia legittimo sia dal punto di vista civilistico che da quello regolatorio laddove non vi sia il versamento di alcuna anticipazione finanziaria a favore del cedente.
Questo provvedimento è stato emesso a seguito di un rinvio pregiudiziale, ai sensi dell’art. 363-bis c.p.c., sollevato dal Tribunale di Brindisi, per chiedere alla Corte di Cassazione di “pronunciarsi sulla validità o meno del contratto di cessione, stipulato con soggetto non iscritto al registro ex art. 106 del testo unico bancario, alla luce della normativa antiriciclaggio di fonte interna e comunitaria, così come del generale principio di trasparenza”, “in relazione all’ipotesi in cui la cessione intervenga fra due soggetti entrambi non iscritti e non qualificati, dunque né vigilati, né conformati nel proprio assetto organizzativo”. Più nello specifico, il giudice di Brindisi aveva chiesto di chiarire quali rimedi l’ordinamento appresti a fronte dell’eventuale invalidità (nullità o inefficacia o rilievo solo amministrativo della violazione) dell’accordo di cessione del credito. La Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile il rinvio pregiudiziale proposto dal Tribunale di Brindisi, evidenziando come non vi sia alcuna novità su questo tema giuridico, vista “la presenza di pronunce suscettibili di rappresentare una guida orientativa per il giudice di merito nella soluzione dei casi concreti, non rilevando che il giudice a quo abbia manifestato di non condividere tali pronunce. L’istituto della nomofilachia preventiva non può trasformarsi in un mezzo rivolto a sollecitare impropriamente una riconsiderazione della giurisprudenza di legittimità”.
La Cassazione si era già espressa in materia di litigation funding, ne avevamo parlato in un precedente articolo. Clicca qui per leggerlo.