Lo stallo e l’assenza di prospettive concrete per l’esercizio dell’attività di impresa determinano lo sciogliment...

Lo stallo e l’assenza di prospettive concrete per l’esercizio dell’attività di impresa determinano lo scioglimento della Società di Capitali anche se l’assemblea sia formalmente funzionante e in grado di approvare i bilanci
Con una più che innovativa decisione, la Corte di Appello di Milano ha accertato la sussistenza delle cause di scioglimento e liquidazione di una Società per Azioni per i motivi previsti dall’art. 2484, comma I, c.c. punti 2 (impossibilità di conseguire l’oggetto sociale) e 3 (impossibilità di funzionamento dell’assemblea), ancorché in presenza di un’assemblea formalmente ancora funzionante, tanto che la stessa aveva approvato i vari bilanci di esercizio della Società.
Nel dettaglio, a fronte del reclamo proposto da uno degli Amministratori, la Corte di Appello di Milano ha riformato una decisione del Tribunale delle Imprese di Milano, che aveva negato la sussistenza delle cause di scioglimento con le seguenti motivazioni:
- da un lato, l’oggetto sociale risultava assai ampio, residuando ampi settori di attività non incisi da un patto di non concorrenza triennale al quale la Società si era vincolata, fermo restando che, nel caso di perdita della continuità aziendale, secondo il Tribunale, gli amministratori avrebbero potuto attivarsi, ai sensi dell’art. 2086 c.c., per l’adozione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della “crisi” di impresa;
- dall’altro lato, la regolare approvazione dei bilanci di esercizio avrebbe escluso lo stallo assembleare ed eventualmente i dissidi fra i soci di categoria A e i soci di categoria B avrebbero potuto risolversi in sede contenziosa.
Secondo la Corte di Appello, viceversa, è necessario svolgere una valutazione più dettagliata, che tenga conto delle concrete circostanze, ritenendo non condivisibile una valutazione effettuata in astratto e che prescinda dall’effettivo contesto operativo, economico – finanziario e produttivo della Società.
Tali fattori sostanziali, che dimostrano come la Società abbia operato in un contesto di stallo e di assenza di prospettive concrete per l’esercizio dell’attività di impresa ovvero per il suo riposizionamento sul mercato, sono stati individuati dalla Corte di Appello nelle seguenti circostanze:
- una condizione di “veti incrociati” (tanto a livello di consiglio di amministrazione, quanto in sede di assemblea dei soci, la quale comportava tanto l’impossibilità di programmare un’attività di business, quanto – per converso – la messa in scioglimento della società, pur se in presenza di una gestione – di fatto – già liquidatoria;
- l’incapacità del consiglio di amministrazione di elaborare linee programmatiche di sviluppo aziendale e di un nuovo piano industriale;
- l’impossibilità dell’assemblea di assumere le decisioni necessarie per consentire lo svolgimento dell’attività sociale, a fronte di un elevato conflitto di interessi tra i soci titolari di diverse categorie azionarie;
- l’approvazione di bilanci con le caratteristiche di un “bilancio di liquidazione”, con ricavi azzerati e importanti costi per servizi riferibili alle remunerazioni del consiglio di amministrazione, pur non operativo a livello manageriale, a consulenze legali e notarili e a consulenze amministrative e fiscali, oltre che a compensi del collegio sindacale.
In tale contesto, ad avviso della Corte di Appello di Milano, la situazione economico – finanziaria della Società appariva cristallizzata e non reversibile, anche se – in assenza di una “crisi” d’impresa – non potevano essere attivabili gli strumenti previsi dal Codice della Crisi. Per tali ragioni, la Corte d’Appello ha dichiarato lo scioglimento della Società ed ha nominato un liquidatore.