Maternità surrogata e riconoscimento del genitore intenzionale nell’atto di nascita: deciderà la Corte Costituzional...
L’ufficiale dello stato civile del Comune di Verona si rifiuta di trascrivere l’atto di nascita del minore, nato in Canada con maternità surrogata.
I ricorrenti chiedevano che sull’atto di nascita venissero indicati entrambi i nomi dei due padri, cioè sia del genitore biologico, sia del c.d. genitore intenzionale.
Il bambino, infatti, era nato tramite fecondazione avvenuta tra un ovocita di donatrice anonima e i gameti di uno solo dei due ricorrenti; l’embrione era poi stato impiantato nell’utero di una diversa donna, non anonima, che aveva partorito il bambino.
Al momento della nascita in Canada, le autorità territoriali avevano formato l’atto di nascita indicando come unico genitore il padre biologico, mentre non era stata indicata alcuna madre, né la donatrice dell’ovocita né la gestante.
A seguito di ricorso alla Suprema Corte della British Columbia, i ricorrenti avevano ottenuto una sentenza che riconosceva il diritto di entrambi i padri ad essere considerati genitori con conseguente modifica in tal senso dell’atto di nascita.
L’ufficiale di stato civile del Comune di Verona si rifiuta, però, di modificare in questo senso l’atto di nascita.
I due hanno, quindi, richiesto l’esecutività in Italia della sentenza emessa in Canada per poter ottenere la trascrizione dell’atto di nascita.
L’avvocatura dello Stato ha promosso ricorso in Cassazione nell’interesse del Ministero dell’Interno e del Sindaco di Verona sostenendo, insieme ad altre questioni, che nell’ordinamento italiano:
- non esiste una norma che legittima la piena bigenitorialità omosessuale;
- è vietata la c.d. maternità surrogata.
La Corte di Cassazione, lette le argomentazioni di tutte le parti coinvolte, ha ritenuto che la questione debba essere rimessa alla Corte Costituzionale perché decida della legittimità costituzionale degli articoli 12, comma 6, della legge 40/2004, 18 del d.p.r. 396/2000 e 64, comma 1, lett. g, della legge 218/95 ‘nella parte in cui non consentono, secondo l’interpretazione attuale del diritto vivente, che possa essere riconosciuto e dichiarato esecutivo, per contrasto con l’ordine pubblico, il provvedimento giudiziario straniero relativo all’inserimento nell’atto di stato civile di un minore procreato con le modalità della ‘gestazione per altri’ del cosiddetto genitore d’intenzione non biologico’.
Sulla questione si è recentemente pronunciata la Corte di Cassazione, Sezioni Unite, con la sentenza n. 12193/2019: ‘il riconoscimento dell’efficacia di un provvedimento giurisdizionale straniero, con il quale sia stato accertato il rapporto di filiazione tra un minore nato all’estero mediante il ricorso alla maternità surrogata e il genitore d’intenzione, nella specie cittadino italiano, trova ostacolo nel divieto di surrogazione di maternità, previsto dall’art. 12, comma 6, della L. n. 40 del 2004, qualificabile come principio di ordine pubblico, in quanto posto a tutela di valori fondamentali, quali la dignità della donna e l’istituto dell’adozione.’
Il divieto penale di ricorrere alla maternità surrogata, ricorda la Corte, ‘mira a sanzionare una pratica che offende in modo intollerabile la dignità umana e fa dunque riferimento a valori superiori e fondanti. Ciò comporta che non può essere trascritto nè riconosciuto in Italia il provvedimento giudiziale straniero che, riconoscendo implicitamente la validità dell’accordo di maternità surrogata attribuisce la paternità (o la maternità) anche al genitore intenzionale che non ha apportato alcun contributo biologico alla procreazione.’
In contrasto con tale pronuncia è il parere consultivo della Grande Camera della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, dalle cui argomentazioni emergono profili di difformità con quanto affermato dalle Sezioni Unite, non superabili alla luce dell’attuale situazione di diritto in Italia.
In particolare, se è legittimo che l’Italia vieti di ricorrere alla maternità surrogata, aspetto che rientra nella discrezionalità del Legislatore, non è però corretta l’adozione di misure che incidano sulle situazioni soggettive del minore che nasce da una maternità surrogata, negandogli diritti inviolabili quali l’identità personale e la sua appartenenza al nucleo famigliare d’origine; diritti che risultano fissati nell’atto di nascita legalmente formato nel Paese in cui il minore è nato.
Secondo la Corte di Cassazione, pertanto, la questione deve essere rimessa all’esame della Corte Costituzionale: il mancato riconoscimento del rapporto di filiazione con il genitore intenzionale da un lato lede gravemente il minore, che resta discriminato nella attribuzione dello status di figlio a seconda delle circostanze della sua nascita, dall’altro non appresta alcuna forma di tutela alla donna che ha condotto la maternità surrogata.
La Corte Costituzionale dovrà decidere se è corretto che nell’atto di nascita del minore nato con maternità surrogata non sia indicato il nome del genitore d’intenzione, cioè quello che non ha un legame biologico con il minore.