Non è deducibile l’assegno di divorzio in forma una tantum
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 29178/2019, in accoglimento del ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ha ribadito che non è deducibile dal reddito l’assegno corrisposto alla moglie in forma c.d. una tantum (nel caso di specie nella misura di euro 67.000,00) al posto di un contributo al mantenimento periodico (assegno mensile).
Già in precedenti casi, la Suprema Corte ha stabilito che “in tema di oneri deducibili dal reddito delle persone fisiche, l’art. 10, primo comma, lettera g), del d.p.r. 597 del 1973 limita la deducibilità ai fini della applicazione IRPEF solo all’assegno periodico – e non anche a quello corrisposto in unica soluzione – al coniuge, in conseguenza di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, nella misura in cui risulta da provvedimento dell’autorità giudiziaria.”
Secondo quanto affermato in passato dalla Corte Costituzionale, con l’ordinanza n. 383/2001, il differente trattamento rientra nella discrezionalità del Legislatore che tratta in modo diverso due forme di adempimento non assimilabili: l’assegno di mantenimento, soggetto alle variazioni temporali e alla successione delle leggi nel tempo, e la corresponsione del contributo in un’unica soluzione, che invece definisce ogni rapporto senza ulteriori vincoli per l’adempiente. La natura giuridica, struttura e funzionalità delle due modalità di adempimento sono diverse e tale diversità persiste anche se la c.d. una tantum viene corrisposta in forma rateizzata.
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