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Non solo IVA e imposte sui redditi ai fini della sussistenza del reato di indebita compensazione

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 14763 del 2020, nel solco di un orientamento sempre più consolidato che tende ad ampliare l’ambito di applicazione dell’art. 10 quater D.Lgs. 74/2000. Con la pronuncia in esame, la Corte ha confermato il sequestro preventivo del profitto del reato in esame, ribandendo che il reato di indebita compensazione si configura anche quando sono portati in compensazione crediti non spettanti o inesistenti sia per tributi erariali sia per tributi di altra natura nonché di contributi anche previdenziali. Secondo la Corte, infatti, la soglia di rilevanza penale, (attualmente) fissata per entrambe le ipotesi di reato disciplinate dall’art. 10 quater in euro 50.000, deve essere riferita all’ammontare dei crediti non spettanti o inesistenti portati in compensazione con la conseguenza che, per accertare il superamento della soglia, occorre procedere con la somma algebrica degli importi dei predetti crediti.

La Corte, facendo leva sul disposto dell’art. 17 D.Lgs. 1997/241 (che disciplina le modalità di compensazione), conferma inoltre l’assunto più volte sostenuto in giurisprudenza secondo cui la compensazione ha rilievo sia se è “verticale”, cioè riguarda crediti e debiti relativi alla stesa imposta; sia se è “orizzontale”, cioè concerne debiti e crediti di natura diversa.

Secondo invece altro orientamento a tutt’oggi minoritario (si veda ad esempio, Cass. Sez. I n. 38042/2019), che qui si ritiene di condividere, la collocazione sistematica dell’art. 10 quater nell’ambito del D.Lgs. 74/2000 (recante “Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto”), varrebbe a circoscrivere il suo ambito di applicazione alle sole imposte sui redditi e IVA.

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