Revoca del consenso al divorzio congiunto: il procedimento continua
All’udienza di comparizione dei coniugi, la moglie aveva revocato il consenso al divorzio congiunto precedentemente manifestato. Il Tribunale di Pescara, su tale presupposto, aveva dichiarato improcedibile la domanda congiunta di cessazione degli effetti civili del matrimonio.
La questione è finita al vaglio della Suprema Corte che, con la sentenza n. 19540/2018, ha chiaramente illustrato che:
– l’accordo sotteso alla domanda congiunta di divorzio riveste natura di dichiarazione ricognitiva con riferimento ai presupposti necessari per lo scioglimento del vincolo coniugale e non impedisce al Tribunale di procedere con la pronuncia di divorzio una volta verificata la sussistenza dei presupposti;
– al contrario, l’accordo ha valore negoziale per quanto concerne la prole ed i rapporti economici, nel cui merito il Tribunale non deve entrare, a meno che le condizioni pattuite non si pongano in contrasto con l’interesse dei figli minori.
Pertanto, nel caso di specie, la revoca del consenso doveva essere dichiarata inammissibile: “la natura negoziale e processuale dell’accordo intervenuto tra le parti in ordine alle condizioni del divorzio ed alla scelta dell’iter processuale esclude la possibilità di ripensamenti unilaterali, configurandosi la fattispecie non già come somma di distinte domande di divorzio o come adesione di una delle parti alla domanda dell’altra, ma come iniziativa comune e paritetica, rinunciabile soltanto da parte di entrambi i coniugi (cfr. Cass., Sez. 6^, 13/02/2018, n. 10463; Cass., Sez. 1^, 8/07/1998, n. 6664)”.
Il Tribunale adito avrebbe dovuto procedere con il giudizio e, verificata in via preliminare la sussistenza dei presupposti per la pronuncia del divorzio, avrebbe dovuto valutare le condizioni concordate dai coniugi, verificandone la conformità alle norme inderogabili dell’ordinamento e al superiore interesse della prole.