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Riforma doganale e sanzioni penali

Lo scorso 4 ottobre è entrato in vigore il D.Lgs. 141/2024 recante “Disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione e revisione del sistema sanzionatorio in materia di accise e altre imposte indirette sulla produzione e sui consumi”. Tale riforma, in attuazione della delega fiscale, ha modificato e integrato il corpus normativo già previsto in materia doganale, nell’ottica di uniformarlo alle disposizioni unionali del Regolamento UE 952/2013.

1. Premessa

Con riguardo al sistema sanzionatorio penale, la riforma ha, anzitutto, riscritto il reato di contrabbando e ha, in secondo luogo, integrato il D.Lgs. 231/2001 prevedendo nuovi reati presupposto connessi alla materia delle accise e inasprendo le sanzioni già previste in caso di contrabbando.

In via preliminare, occorre soffermarsi su una questione cardine, ossia l’inclusione dell’IVA all’importazione nel novero dei diritti doganali, che comporta importanti implicazioni in punto di sanzioni.

Il legislatore delegato, a tal proposito, all’art. 27, comma 2, ha previsto che “fra i diritti doganali di cui al comma 1 costituiscono diritti di confine, oltre ai dazi all’importazione e all’esportazione previsti dalla normativa unionale, i prelievi e le altre imposizioni all’importazione o all’esportazione, i diritti di monopolio, le accise, l’imposta sul valore aggiunto e ogni altra imposta di consumo, dovuta all’atto dell’importazione, a favore dello Stato”.

In buona sostanza, tale intervento legislativo ha modificato la natura dell’IVA all’importazione equiparandola ai dazi: ora quindi l’imposta sul valore aggiunto rientra fra i diritti di confine che ogni importatore dovrà assolvere all’atto dell’importazione.

Tale novità legislativa però, occorre evidenziarlo, appare in contrasto con l’orientamento maggioritario sia della Corte di Giustizia Europea sia della Corte di cassazione. Ed infatti, la Corte di Giustizia ha più volte affermato che l’IVA all’importazione e l’IVA interna costituiscono il medesimo tributo e che l’IVA all’importazione, nonostante la sua peculiare disciplina, non può essere ricompresa fra i dazi all’importazione (Corte di Giustizia C-714/20; Corte di Giustizia C-272/13). Da ultimo, le Sezioni Unite della Corte di cassazione, nel 2024, pronunciandosi con riferimento alla materia delle sanzioni applicabili, ha affermato che: “la diversità tra dazi e IVA all’importazione comporta che ai fini della determinazione delle sanzioni, non può essere cumulato il rispettivo ammontare dei diritti evasi” (Cass. SU 4 luglio 2024 n. 18284).

2. Il nuovo sistema sanzionatorio penale 

Il novero delle sanzioni amministrative e penali introdotte con la riforma doganale ha recepito la Direttiva UE 2017/1371, meglio conosciuta come direttiva PIF, che ha inserito il reato di contrabbando tra le fattispecie poste a tutela degli interessi finanziari dell’Unione Europea.

La riforma ha previsto che laddove l’importo dei diritti di confine dovuti, distintamente considerati, sia superiore a 10.000 euro, ovvero ricorra una delle circostanze aggravanti di cui all’art. 88, comma 2, lettere da a) a d), dell’Allegato 1[1], all’illecito doganale è attribuita rilevanza penale. Ciò comporta l’inevitabile conseguenza che i procedimenti per tali reati aumenteranno esponenzialmente, dal momento che per il computo del superamento della soglia dei 10.000,00 euro si terrà conto tanto dei dazi quanto dell’IVA all’importazione, ora ricompresa, ad opera della riforma, tra i diritti di confine.

Dunque, tutte le ipotesi di contrabbando, introdotte e riformate, che superino la soglia dei 10.000,00 euro dei diritti di confine oppure che siano commesse avvalendosi delle circostanze aggravanti, di cui sopra, saranno soggette alla rilevanza penale; in caso contrario, si applicherà a tali fattispecie la sola sanzione amministrativa.

A tale riguardo, la riforma, allo scopo di razionalizzare il sistema sanzionatorio, ha previsto due macro-fattispecie di contrabbando:

  • contrabbando per omessa dichiarazione ( 78);
  • contrabbando per dichiarazione infedele ( 79).

Con riferimento all’art. 78, ossia il contrabbando per omessa dichiarazione, viene punito con la pena della multa, in misura variabile dal 100% al 200% dei diritti di confine dovuti, chiunque al fine di introdurre, far circolare in territorio doganale o far sottrarre alla vigilanza doganale le merci non unionali o l’uscita di merci unionali, ometta di presentare la dichiarazione doganale. Tale fattispecie incriminatrice, peraltro, viene anche estesa al detentore di merci non unionali, che non riesca a provare la legittima provenienza di tali merci ovvero si rifiuti.

La scelta, operata dal legislatore delegato, di ricondurre in tale norma tutte le fattispecie di omessa dichiarazione appare coerente con il Codice Doganale Europeo là ove stabilisce che tutte le merci introdotte nell’Unione Europea rimangono sotto la vigilanza doganale fintantoché non ricevano specifica destinazione a seguito della presentazione della dichiarazione.

Con riguardo, invece, all’art. 79, ossia il contrabbando per dichiarazione infedele, è punito con la pena della multa ‒ variabile anche in questo caso dal 100% al 200% dei diritti di confine dovuti, indebitamente percepiti o indebitamente richiesti in restituzione ‒ chiunque dichiari infedelmente qualità, quantità, origine o valore delle merci o qualsiasi altro elemento utile per l’applicazione della tariffa e per la liquidazione dei diritti.

La particolarità di tali fattispecie risiede nel fatto che anche l’evasione dolosa, per dichiarazione infedele o per omessa dichiarazione, dell’IVA all’importazione potrà costituire reato di contrabbando, dal momento che, in virtù dell’art. 27 del D.Lgs. 141/2024, l’IVA all’importazione è qualificata come diritto di confine al pari dei dazi.

Le ulteriori e più specifiche ipotesi di contrabbando sono poi previste dagli articoli da 80 a 86 del D.Lgs. 141/2004, norme che ripercorrono le fattispecie già previste dal precedente TULD (ossia il Testo unico sulle disposizioni legislative doganali), razionalizzandole in un’ottica di armonizzazione sanzionatoria, in particolare:

  • art. 80 ‒ Contrabbando nel movimento delle merci marittime, aeree e nei laghi di confine: punisce il capitano della nave o il comandante di aeromobili che: sbarchi, imbarchi o trasbordi, nel territorio dello Stato, merce non unionale omettendo di presentarla; non abbia a bordo merci non unioni che invece vi si dovrebbero trovare in virtù della documentazione dogale ivi presentata; trasporti merci non unionali che non aveva dichiarato nella documentazione doganale. Viene inoltre punito, per il reato di contrabbando, il capitano della nave che trasportando merce non unionale si stanzi nel territorio italiano e si metta in contatto con quest’ultimo al fine di rendere agevole l’imbarco o lo scarico delle merci. Sulla base della medesima ratio viene punito il comandante di un aeromobile che, trasportando merci non unionali, atterri in un aeroporto doganale omettendo ogni comunicazione relativa all’atterraggio. In tali casi è prevista la pena della multa dal 100 % al 200% dei diritti di confine dovuti.
  • art. 81 ‒ Contrabbando per indebito uso di merci importate con riduzione totale o parziale dei diritti: è prevista la multa dal 100% al 200% dei diritti di confine dovuti per chiunque utilizzi indebitamente, rispetto alle merci non unionali, la franchigia doganale;
  • art. 82 ‒ Contrabbando nell’esportazione di merci ammesse a restituzione dei diritti: è punito, con la medesima sanzione di cui sopra (multa dal 100% al 200% dei diritti di confine dovuti), chiunque utilizzi mezzi fraudolenti, al fine di ottenere l’indebita restituzione di diritti stabiliti per l’importazione delle materie prime;
  • art. 83 ‒ Contrabbando nell’esportazione temporanea e nei regimi di uso particolare e di perfezionamento: anche in questo caso è punito con la multa dal 100% al 200% chiunque, nelle operazioni di esportazione temporanea e nei regimi di uso particolare o di perfezionamento, sottopone le merci stesse a manipolazioni artificiose al fine di sottrarle dal pagamento dei diritti di confine;
  • art. 84 ‒ Contrabbando di tabacchi lavorati: per tale fattispecie è stata introdotta la pena della reclusione da due a cinque anni per chiunque introduca, venda o faccia circolare nel territorio dello Stato italiano una quantità di tabacco lavorato superiore ai 15 kilogrammi convenzionali;
  • art. 85 ‒ Circostanze aggravanti del delitto di contrabbando di tabacchi lavorati: sono state riprese le previsioni contenute nei precedenti artt. 291-ter e 291-quater del TULD, con una specifica esclusione: è stato escluso il concorso delle circostanze aggravanti proprie con quelle attenuanti di cui all’art. 62 c.p.;
  • art. 86 ‒ Associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati: sono state previste pene detentive maggiorate per le ipotesi di associazione a delinquere tesa al contrabbando di tabacchi lavorati, prodotti surrogati, prodotti contenenti generalmente nicotina nonché prodotti accessori.

Laddove si dovessero verificare tali ipotesi criminose di contrabbando il PM, dopo aver ricevuto la notizia di reato, iscriverà il nominativo degli indagati nel registro delle notizie di reato dando via al procedimento penale. Si ricorda che si tratta di fattispecie che richiedono la presenza del dolo e, dunque, in tutti questi casi dovrà essere provata la sussistenza di tale elemento soggettivo.

Inoltre, la riforma ha modificato l’art. 334 del TULD là ove ora prevede la possibilità di estinzione del reato, ai sensi dell’art. 112 del D.Lgs. 141/2024, nei casi in cui questo sia punito con la sola pena della multa[2], con il pagamento del tributo dovuto e una sanzione non inferiore al 100% e non superiore al 200% dei diritti di confine dovuti per la violazione commessa. Tale causa di estinzione del reato appare una misura piuttosto particolare: molto simile all’oblazione, dal punto di vista sostanziale, ma anche molto simile alla remissione di querela, rispetto ai termini per presentarla, dal momento il pagamento può avvenire in qualsiasi momento[3]. Ad ogni modo, deve essere rilevato che l’estinzione del reato, ai sensi dell’art. 122 del D.Lgs. 141/2024, non impedisce l’applicazione della confisca.

Infine, si rileva che l’art. 94 del D.Lgs. 141/2024, in conformità a quanto già previsto dal TULD, ha confermato l’applicabilità della confisca ai reati di contrabbando: in conformità all’art. 240, comma 2, c.p., è sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono l’oggetto ovvero il prodotto o il profitto. Inoltre, la norma introduce anche la fattispecie per equivalente, anche per interposta persona, laddove non sia possibile sottoporre ad ablazione, in via diretta, i beni sopramenzionati.

3. L’introduzione dei reati relativi al mancato pagamento delle accise tra i reati presupposto del D.Lgs 231/2001

Il D.Lgs. 141/2024, come detto, ha integrato anche le ipotesi di responsabilità amministrativa da reato degli Enti. In particolare, l’art. 4 del D.Lgs. 141/2024 ha modificato l’art. 25 sexiesdecies del D.Lgs 231/2001 introducendo nuovi reati presupposto, connessi alla materia delle accise, ed ampliando le misure interdittive applicabili all’ente.

Ad opera di questa modifica, i reati previsti dal D.Lgs. 504/1995, ossia il Testo Unico Accise, sono ora annoverati fra i reati presupposto che possono far scattare la responsabilità amministrativa dell’ente.

Oggi il nuovo art. 25 sexiesdecies prevede una sanzione pecuniaria fino a 200 quote nel caso di commissione di uno dei reati previsti dalle disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione, di cui al decreto legislativo emanato ai sensi degli articoli 11 e 20, commi 2 e 3, della legge 9 agosto 2023, n. 111, e dal Testo Unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504. È inoltre previsto un aumento di sanzione tutte le volte in cui i diritti di confine dovuti superino i 100.000,00 euro: in questo caso la sanzione ivi applicabile potrà arrivare sino alle 400 quote (art. 25 sexiesdecies, comma 2).

Infine, l’esaminando decreto legislativo ha anche previsto ulteriori sanzioni interdittive nel caso in cui venga accertata la responsabilità amministrativa dell’ente per tali reati. All’ipotesi aggravata di cui all’art. 25 sexiesdecies, comma 2, sono estese le misure dell’interdizione dall’esercizio dell’attività e della sospensione o della revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito (ossia le misure interdittive previste all’art. 9, comma 2, lett a) e b) del D.Lgs. 231/2001).

[1] Le circostanze previste dall’art. 88, comma 2, lettere da a) a d), dell’Allegato 1: a) quando, nel commettere il reato o immediatamente  dopo,  nella zona di vigilanza, l’autore è’ sorpreso a mano armata; b) quando, nel commettere il reato o immediatamente  dopo,  nella zona di vigilanza, tre o più persone autrici  di  contrabbando  sono sorprese insieme riunite e in condizioni tali da  frapporre  ostacolo agli organi di polizia; c) quando il fatto è connesso con altro delitto contro  la  fede pubblica o contro la pubblica amministrazione; d) quando l’autore è un  associato  per  commettere  delitti  di contrabbando  e  il  delitto  commesso  sia  tra   quelli   per   cui l’associazione è stata costituita

[2] Si tratta dei casi in cui i diritti di confine dovuti, distintamente considerati, non siano superiori a euro 50.000 e non ricorrano le aggravanti di cui all’art. 88, comma 2.

[3] La mancata indicazione del termine di scadenza per il pagamento della sanzione, a titolo di estinzione del reato, deve essere interpretata come possibilità di accedere a tale istituito in qualsiasi momento del procedimento penale (ciò è stato, peraltro, indicato nella Circolare dell’ADM n. 22, pubblicata il 28 ottobre 2024).

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