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Sponsorizzazioni e pubblicità: quali sono i requisiti per l’uso dell’immagine di un minore?

Sponsorizzazioni e pubblicità: quali sono i requisiti per l’uso dell’immagine di un minore?

ABSTRACT:

  1. Introduzione

Con sentenza n. 4379 del 16/07/2020, il Tribunale di Milano ha fornito alcuni chiarimenti in relazione al caso – sempre più diffuso, anche in ambito social media – dello sfruttamento dell’immagine di un minore in ambito pubblicitario.

In particolare, dopo aver ripercorso la normativa applicabile, il Tribunale ha identificato in quali circostanze e a fronte di quali adempimenti l’uso del ritratto del minore possa considerarsi lecita.

 

  1. Il caso

Nel giugno 2017, il padre del minore ha chiamato in giudizio la propria ex moglie ed un brand che aveva utilizzato l’immagine del figlio in un catalogo di abbigliamento, lamentando la stipula di un contratto di sponsorizzazione in assenza del proprio consenso e domandando quindi la declaratoria di nullità del contratto, l’ordine di rimozione delle immagini ed il risarcimento dei danni subiti.

Il brand si è costituito affermando come la madre del ragazzo avesse dichiarato di esserne affidataria esclusiva, chiedendo pertantodi essere manlevato di quanto in ipotesi destinato a rifondere a titolo risarcitorio.

La madre del minore ha invece sostenuto che l’ex marito avesse prestato il consenso prima della divulgazione del catalogo e che, in ogni caso, tale attività costituisse un atto di ordinaria amministrazione per il quale era sufficiente il consenso di un solo genitore.

 

  1. La tutela dell’immagine del minore

Ai sensi dell’art. 96 della legge sul diritto d’autore, “il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il consenso di questa”, salvo applicazione delle eccezioni di legge.

Trattandosi di immagine di un minore, è necessario considerare che il diritto “alla riservatezza deve essere sempre considerato come primario rispetto al diritto di critica e di cronaca e chiunque decida di diffondere notizie o immagini riguardanti minori, dovrà farsi carico della responsabilità di valutare se la pubblicazione sia davvero nell’interesse oggettivo del minore, secondo i principi e i limiti stabiliti dalla Carta di Treviso”, che impone di tutelare “la specificità del minore come persona in divenire, prevalendo su tutto il suo interesse ad un regolare processo di maturazione che potrebbe essere profondamente disturbato e deviato da spettacolarizzazioni del suo caso di vita, da clamorosi protagonismi o da fittizie identificazioni”.

Tuttavia, non ogni sfruttamento pubblicitario è di per sé illecito, ben potendo mostrarsi pubblicamente un giovane “in situazioni tranquille, positive per il bambino, addirittura festose. In questi casi, la pubblicazione dell’immagine è perfettamente lecita, non c’è alcun pericolo per lo sviluppo del minore e nessuna ragione per rinunciare a far vedere una bella immagine. Siffatte considerazioni, espresse in relazione al diritto di cronaca si possono estendere alla utilizzazione dell’immagine del minore in pubblicità”.

Il consenso alla disposizione del ritratto di un minore è quindi un atto “di straordinaria amministrazione in quanto dispositivo di diritti personalissimi e fondamentali con riflessi di carattere patrimoniale” che spetta congiuntamente ai genitori senza necessità di autorizzazione del giudice tutelare e può essere espresso in ogni modo, non necessitando di forma scritta, neppure ad probationem.

Il comportamento tenuto dal padre del ragazzo durante il giudizio e prima dello stesso, quando aveva inviato una comunicazione al brand indicando di aver esplicitamente negato la propria autorizzazione e intimando la cessazione dell’uso dell’immagine del minore, hanno quindi fatto ritenere al Tribunale che non vi fosse stato consenso, neanche implicito, per tali usi pubblicitari.

 

  1. Conclusioni

Il contratto di sponsorizzazione relativo ad un minore stipulato da un solo genitore rende quindi il contratto non solo annullabile ma anche nullo per illiceità dell’oggetto in ragione della violazione dell’art. 96 LDA.

Conseguentemente, è onere dei brand attivarsi per accertare adeguatamente la presenza del consenso di entrambi i genitori, non essendo sufficiente fidarsi della mera affermazione di uno di essi.

Su tali basi, il Tribunale ha inibito l’ulteriore utilizzo delle immagini del minore, senza riconoscere alcun risarcimento al padre poiché “la lesione di un diritto quale quello alla prestazione del consenso da parte di un genitore non è di per sé produttiva di danni, in assenza di prove e financo di plausibili allegazioni in tal senso”.

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