Trasferimento: il difficile equilibrio tra le ragioni organizzative ed i principi di correttezza e buona fede
Il controllo giurisdizionale delle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive che legittimano il trasferimento del lavoratore, diretto ad accertare che vi sia corrispondenza tra il provvedimento adottato dal datore di lavoro e le finalità tipiche dell’impresa, non può essere limitato alla situazione esistente nella sede di provenienza, ma deve estendersi anche alla sede di destinazione del lavoratore, restando a carico del datore di lavoro l’onere di provare la sussistenza di dette ragioni. E’ quanto sostenuto nella Sentenza n. 1608/2016 dalla Corte di Cassazione, la quale, pur riconoscendo l’insindacabilità dell’opportunità del trasferimento, ha stabilito che il datore di lavoro, in applicazione dei principi generali di correttezza e buona fede, qualora possa far fronte alle predette ragioni avvalendosi di differenti soluzioni organizzative, per lui paritarie, è tenuto a preferire quella meno gravosa per il dipendente, soprattutto nel caso in cui questi deduca e dimostri la sussistenza di serie ragioni familiari ostative al trasferimento.