Update | Vendite internazionali, Incoterms e giurisdizione: la Cassazione semplifica il recupero dei crediti all’e...
Un tema ricorrente nei contratti di vendita internazionale è quello della individuazione del giudice competente davanti al quale il venditore italiano può agire per il recupero di crediti nel caso in cui il compratore estero ometta di pagare il corrispettivo.
Sulla base dell’orientamento della Cassazione italiana prevalente fino a tempi recentissimi, nei contratti che non contenevano una clausola di proroga del foro (con cui le parti stabiliscono in via esclusiva quale sia il giudice competente a decidere sulle controversie derivanti dal contratto), il venditore italiano si trovava spesso costretto ad agire davanti al giudice del luogo il cui il compratore aveva sede, rendendo evidentemente più complesse – e spesso più costose – le procedure di recupero dei crediti.
Tale orientamento si basava su un’interpretazione – assai criticata – del regolamento UE 1215/2012 in materia di competenza giurisdizionale, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale.
L’art. 7 del regolamento prevede che, nella compravendita internazionale di merci, il compratore domiciliato nel territorio di uno Stato membro può essere convenuto innanzi ai giudici dello Stato del venditore se in tale territorio i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto.
Ebbene, la Corte di Cassazione ha per anni ritenuto che l’adozione di un termine di resa sotto forma di Incoterm non offrisse certezze con riguardo all’individuazione del luogo di consegna rilevante ai fini della giurisdizione e della individuazione del giudice competente a decidere.
Con una sentenza avente ad oggetto un contratto di fornitura CIF di valvole a sfera in Venezuela, la Cassazione (ord. 32362 del 13/12/2018, Bariven v LCM) aveva ritenuto che una clausola CIF Incoterms 2010, “non accompagnata da alcuna altra pattuizione o richiamo, non è di per sé idonea a mutare il luogo di consegna materiale della merce venduta, che rimane il porto di destinazione della merce in quanto con la clausola CIF il venditore si libera dal rischio del perimento del bene, ma si obbliga comunque a pagare il trasporto, il nolo, l’assicurazione e a curare che avvenga il trasporto del bene fino al porto di destinazione, in cui è previsto si debba verificare la consegna delle merci, rilevante ai fini della giurisdizione”.
Con un’ulteriore decisione riguardante un contratto di fornitura FCA Incoterms 2010 di apparecchi acquistati da un acquirente italiana da fornitore francese, la Cassazione (sent. 17566 del 28/06/2019, Team v Agusta) ha confermato il proprio orientamento. La merce era stata consegnata al vettore all’aeroporto di Parigi e ricevuta senza che parte acquirente sollevasse obiezioni. In seguito, erano stati rilevati dall’Agusta difetti ritenuti tali da giustificare la risoluzione del contratto e l’avvio di una causa in Italia per ottenere la restituzione del prezzo ed il risarcimento dei danni. Secondo la Cassazione, il luogo di consegna andava identificato nella sede dello stabilimento di parte acquirente a Frosinone, dove la merce era destinata per esser installata su elicotteri Agusta.
La Cassazione aveva ribadito che “l’inserimento di un Incoterm non implica di per sé lo spostamento convenzionale del luogo di consegna, potendo essi eventualmente costituire un elemento interpretativo della volontà delle parti, ma solo laddove da essi risulti con chiarezza la determinazione contrattuale di derogare al criterio del luogo di consegna materiale del bene […]”.
Sul punto si era peraltro già pronunciata la Corte di Giustizia CE, nella sentenza del 25 febbraio 2010 (Car Trim GmbH c. Key Safety System Srl, causa C-381/08 CE), ritenendo che, ogniqualvolta non sia possibile determinare il luogo di consegna in base alle pattuizioni contrattuali (e dunque nel contratto non sia indicato in maniera sufficientemente chiara il luogo di consegna dei beni venduti), tale luogo dovrà intendersi quello della consegna materiale dei beni all’acquirente, ossia il luogo in cui esso acquista la disponibilità materiale della merce.
La successiva sentenza resa nel caso Electrosteel ha poi affrontato in modo specifico il punto relativo al rilievo da attribuire agli Incoterms ed ai termini di resa pattuiti dalle parti. In tale occasione la Corte ha espresso il principio che il solo richiamo ad un Incoterm che non sia accompagnato da pattuizioni ulteriori e specifiche con riguardo alla determinazione del luogo di consegna non può valere a superare il principio dettato nel caso Car Trim. La sentenza Electrosteel ha esaminato una fattispecie in cui le parti avevano fatto riferimento all’Incoterm Ex Works, molto spesso impiegato dagli operatori italiani, che preferiscono non assumere obbligazioni e rischi relativi al trasporto della merce.
Con la recente pronuncia del 2 maggio 2023 (ordinanza n. 11346/2023) le Sezioni Unite si sono finalmente allineate alla giurisprudenza della Corte di Giustizia ed hanno statuito che, al fine di determinare il luogo di consegna “in base al contratto“, il giudice nazionale deve tener conto anche dei termini e delle clausole generalmente riconosciuti e sanciti dagli usi del commercio internazionale, quali gli Incoterms, purché idonei ad identificare chiaramente tale luogo, salvo quindi che dal contratto risultino diversi ed ulteriori elementi che inducano a ritenere che le parti abbiano voluto un diverso luogo della consegna.
Con specifico riferimento alla regola EXW, la Cassazione ha confermato che essa rilevi ai fini della determinazione del luogo della consegna della merce, e pertanto il compito demandato al giudice è esclusivamente quello di riscontrare se la clausola in concreto riprodotta in contratto corrisponda alla regola degli Incoterms oppure ad un’altra clausola o ad un uso abitualmente impiegato nel commercio, idonea comunque a identificare con chiarezza il luogo della consegna, affermazione questa che sottende il principio secondo cui di norma le regole Incoterms richiamante contrattualmente valgono anche ad individuare il luogo di consegna della merce.
Si tratta di una decisione importante per gli operatori italiani, in quanto sarà d’ora in poi più facile agire in Italia contro i compratori stranieri tutte le volte in cui la consegna della merce avvenga presso gli stabilimenti del venditore o comunque all’interno del territorio italiano. Sono vendite c.d. “alla partenza” ad esempio quelle disciplinate dai termini “Ex Works”, “FCA” e “CIF”, tra i più comuni nel commercio internazionale.
Naturalmente, il presupposto è che il contratto non contenga una clausola esclusiva del foro in favore del giudice straniero, nel qual caso la previsione contrattuale renderà irrilevante il luogo in cui la merce è stata consegnata ai fini della determinazione del giudice competente.