Uso del marchio altrui su siti internet di terzi: per l’illecito serve un comportamento attivo
“Una persona che opera nel commercio e che ha fatto pubblicare su un sito Internet un annuncio recante pregiudizio al marchio altrui, non usa un segno identico a tale marchio, qualora i gestori di altri siti Internet riprendano tale annuncio inserendolo on-line, di propria iniziativa e a nome proprio, su tali altri siti”.
Con questa motivazione, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (sentenza 02/07/2020 – causa C-684/19) ha interpretato la Direttiva sul ravvicinamento delle legislazioni in materia di marchi d’impresa a fronte della questione pregiudiziale sollevata da un Tribunale tedesco nell’ambito di una controversia sorta tra due studi legali.
In particolare, dopo aver ottenuto un’inibitoria giudiziale nei confronti dello studio “MK Advokaten” in relazione all’uso di un marchio confondibile, la “MBK Rechtsanwälte” aveva rilevato la persistente presenza di tale marchio su diversi siti internet di referenziamento di imprese. Secondo l’attore, tale presenza doveva ritenersi illecita in quanto la giurisprudenza tedesca ha più volte chiarito che “qualora un annuncio posto on-line su un sito Internet pregiudichi il diritto altrui, la persona che ha ordinato tale annuncio deve non soltanto farlo cancellare su tale sito, ma anche verificare, con l’aiuto degli usuali motori di ricerca, che i gestori di altri siti Internet non abbiano ripreso l’annuncio stesso”.
Tuttavia, poiché il convenuto aveva eccepito di non aver ordinato tali inserzioni, il Tribunale tedesco ha chiesto alla Corte di Giustizia di chiarire “Se un terzo, menzionato in un’inserzione pubblicata su un sito internet contenente un segno identico ad un marchio, faccia uso di tale marchio ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2008/95, qualora l’inserzione stessa non sia stata collocata dal terzo, ma sia stata ripresa dal gestore del sito internet da un’altra inserzione collocata dal terzo in violazione del marchio”.
Nel rispondere alla questione pregiudiziale, la Corte ha evidenziato come un soggetto che ordini presso il gestore di un sito Internet la pubblicazione di un annuncio, la cui visualizzazione contiene o è prodotta da un segno identico o simile al marchio altrui, faccia certamente uso di detto segno; mentre non possono essere imputati a tale persona “atti autonomi di altri operatori economici […] con cui essa non intrattiene nessun rapporto diretto o indiretto e che agiscono non sua commissione e per suo conto, ma di loro iniziativa e in nome proprio”. Se l’uso del marchio da parte di un operatore indipendente avviene senza il consenso dell’inserzionista, quest’ultimo non deve essere ritenuto responsabile.
Non può quindi sussistere un caso di responsabilità oggettiva né la Direttiva Marchi deve essere interpretata nel senso che un soggetto possa essere considerato autore dell’uso di un segno distintivo per il solo motivo che tale uso è idoneo a procurargli un vantaggio economico. Spetterà quindi al Tribunale tedesco, quale giudice del rinvio, esaminare se gli annunci online siano stati commissionati dal convenuto o siano invece stati un’iniziativa autonoma del gestore del sito internet.