Vendita all’asta dell’immobile pignorato: è indispensabile accertare la proprietà in capo al debitore
Secondo la previsione dell’art. 567, comma 2, c.p.c., nel corso del processo esecutivo immobiliare contro il debitore è necessario depositare i certificati delle iscrizioni e trascrizioni relative all’immobile pignorato, effettuate nei venti anni anteriori alla trascrizione del pignoramento. La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sul significato del dettato normativo, ha esaminato quali siano le implicazioni di questa previsione, specificando che, affinché la vendita giudiziaria possa essere ordinata e possa realmente essere fruttuosa, i beni oggetto dell’espropriazione devono potersi ragionevolmente rilevare come appartenenti al debitore.
Ciò significa che il Legislatore non ha richiesto che in sede esecutiva si dia luogo ad un compiuto e sostanziale accertamento della proprietà del bene in capo al debitore, non essendo tale compito ascrivibile al Giudice dell’esecuzione, ma ha chiesto solo che il Giudice compia una verifica della titolarità formale, per il mezzo di allegazioni documentali: infatti, l’accertamento giudiziale dell’appartenenza del bene al debitore esecutato non costituisce presupposto dell’espropriazione forzata, tant’è che non è esclusa l’evizione.
Nel processo esecutivo, pertanto, la previsione dell’art. 567 c.p.c. è di garantire, con un grado di ragionevole probabilità, che l’espropriazione sia condotta su beni dell’esecutato.
Per far ciò, occorre la produzione di certificazione che attesti i passaggi di proprietà dell’immobile espropriato nel ventennio anteriore alla trascrizione del pignoramento, risalendo sino al primo atto di acquisto antecedente al ventennio, che è indispensabile perché l’immobile sia messo in vendita all’asta e perché l’aggiudicazione possa dirsi sin dall’inizio verosimilmente tutelata.
Sebbene si tratti di un controllo formale, è indispensabile che il bene pignorato quantomeno appaia di proprietà del debitore, non potendosi, contrariamente, disporre la vendita all’asta.
Per tale ragione, ove il creditore ometta la produzione dell’atto di acquisto dell’immobile pignorato anteriore al ventennio, il processo esecutivo dovrà essere chiuso anticipatamente, difettando di una ragionevole certezza della proprietà del bene in capo al debitore esecutato.
Con la sentenza n. 15597/2019, la Suprema Corte ha, quindi, sancito che: «In tema di espropriazione forzata immobiliare, è doverosa la richiesta, da parte del giudice dell’esecuzione ai fini della vendita forzata, della certificazione attestante che, in base alle risultanze dei registri immobiliari, il bene pignorato appaia di proprietà del debitore esecutato sulla base di una serie continua di trascrizioni d’idonei atti di acquisto riferibili al periodo che va dalla data di trascrizione del pignoramento fino al primo atto di acquisto precedente al ventennio a decorrere dalla stessa. All’ordinanza di richiesta del primo atto di acquisto ultraventennale effettuata dal giudice dell’esecuzione si applica il regime degli artt. 484, 175, 152, 154, cod. proc. civ., e alla mancata produzione del suddetto titolo, imputabile al soggetto richiesto, consegue la dichiarazione di chiusura anticipata del processo esecutivo.».
Download allegati: Corte_di_Cass.,_sentenza_n._15597-2019.pdf